«Rapporti gay obbligatori e disabili costretti a ingoiare il loro vomito» I miei 12 anni nella scuola

28 Aprile 2019 - 14:09

«Rapporti gay obbligatori e disabili costretti a ingoiare il loro vomito» I miei 12 anni nella scuola

«Rapporti gay obbligatori e disabili costretti a ingoiare il loro vomito» I miei 12 anni nella scuola

“È stata una scuola di orrori e di aberrazioni in cui ho trascorso ben 12 anni della mia vita. Ci ho messo troppo tempo per rendermi conto di cosa succedesse lì dentro. Tutto è accaduto sotto i miei occhi per giorni, mesi e anni. Poi, finalmente, ho trovato il coraggio di scappare, fuggire via, il più lontano possibile”.

Sergio Pietracito è entrato nella “setta” del Forteto a febbraio del 1978, aveva 18 anni. Ne è uscito a 30 rendendosi conto che aveva consegnato la sua vita a un progetto dai contorni “criminosi”.

Il Forteto nasce proprio nel 1978 nel Mugello, in Toscana, come una comunità strutturata in forma di cooperativa agricola. In poco tempo diventa un modello, il simbolo dell’opposizione ai valori della società borghese e della famiglia tradizionale, un’esperienza concreta di nuove relazioni tra i sessi, un riferimento ideale per politici e intellettuali.

Da quel momento molti giovani, soprattutto provenienti da Prato, decidono di provare questa “sperimentazione sociale” e di dedicarsi alla terra.

Il fondatore del Forteto è Luigi Rodolfo Fiesoli, poi conosciuto come il “Profeta”. Sarà lui che per anni guiderà, insieme a Luigi Goffredi, quella che Sergio ci descrive come una psico-setta.

Sergio, entrato nella comunità a 18 anni e per sua stessa volontà, si rende conto che di quel progetto ideale resta ben poco. Altre cose accadono al Forteto, cose che fanno paura, che non fanno dormire la notte.

“Dovevamo seguire delle regole, quelli che io chiamo ‘i dieci comandamenti del Forteto’, imposizioni che sono poi state accertate come reati su molti imputati durante i processi”, racconta Sergio. 

“Eravamo obbligati ad avere rapporti omosessuali come mezzo per la purificazione, dovevamo rifiutare la famiglia di origine, uomini e donne non potevano stare insieme, la donna era considerata come una meretrice, diventava schiava degli uomini per tutte le operazioni quotidiane”, racconta ancora Sergio. 

“Lavoravo tutto il giorno nei campi perché mi piaceva, perché era quello che volevo fare e mi teneva lontano dagli orrori. La sera era il momento più brutto, venivamo sottoposti a una sorta di inquisizione durante la quale venivano scandagliati tutti i nostri pensieri. Eravamo costretti a raccontare i nostri sogni, specialmente quelli di natura erotica, era un’ossessione. Ogni sera avveniva questa riunione a cui dovevano partecipare tutti, anche chi era malato”. (Tpi)