Strage di Erba: Rosa e Olindo, due innocenti all’ergastolo

30 Gennaio 2019 - 10:33

Strage di Erba: Rosa e Olindo, due innocenti all’ergastolo
Strage di Erba: Rosa e Olindo, due innocenti all’ergastolo

Serata speciale in cinque parti dedicata alla strage di Erba con l’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti. I dubbi sulle prove contro Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il supertestimone che abbiamo scovato in Tunisia e la versione di Pietro Castagna

Serata con speciale per Le Iene dedicata tutta alla strage di Erba. Sopra ne potete vedere la quinta e ultima parte. Qui ora vi riassumiamo e mostriamo tutto, link compresi, con le quattro parti precedenti riproposte in fondo all’articolo.

PRIMA PARTE: I DUBBI
Nella prima parte (clicca qui per vederla) ripartiamo dalla ricostruzione di quell’11 dicembre 2006 in cui a Erba (Como) sono stati uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per i quattro omicidi sono stato condannati all’ergastolo in via definitiva Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi. Movente: le continue liti condominiali.

Con l’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti ci chiediamo se sia possibile un’altra verità, dopo esserci già occupati del caso con sei servizi. Dopo che 3 gradi giudizio e 26 giudici hanno detto il contrario e a 12 anni dai delitti.

Ripartiamo dai molti dubbi sull’inchiesta, compresi quelli del tunisino Azouz Marzouk, personaggio per carità discutibile per problemi di droga e per frequentazioni, che ha perso perso però moglie e figlio nella strage e non crede alla colpevolezza dei due.

Ci sono anche i dubbi del Ris di Parma: dopo “la mattanza” non viene trovata nessuna traccia dei due condannati nella zona del delitto e viceversa nemmeno di sangue nella loro casa, dove si sarebbero poi cambiati. Ci sono anche dei reperti andati stranamente distrutti, in circostanze altrettanto strane.

SECONDA PARTE: IL SOPRAVVISSUTO
La seconda parte (clicca qui per vederla) è dedicata al riconoscimento di Olindo da parte dell’unico sopravvissuto alla strage, il vicino Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini (una delle quattro vittime).

Frigerio in un primo tempo aveva riconosciuto come colpevole un’altra persona, di carnagione olivastra, mai vista e che non era del posto.

Il nome di Olindo Romano emerge in un secondo tempo, dopo che tra l’altro quel nome gli viene ripetuto in ospedale dal comandante dei Carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, per ben nove volte.

TERZA PARTE: LE INTERCETTAZIONI SPARITE E LA MACCHIA DI SANGUE
Per quanto riguarda Frigerio, nella terza parte (clicca qui per vederla) si evidenzia come mancano le trascrizioni delle intercettazioni di un dialogo tra carabinieri e il supertestimone e pure, integralmente, quelle di una settimana di colloquio di Frigerio con un neurologo che doveva esaminarlo.

E non sono nemmeno le uniche intercettazioni che scompaiono: non ci sono neanche quelle di Rosa e Olindo in casa dopo la strage. Si disse che era strano che non ne parlassero mai. In realtà, mancano proprio alcuni giorni di intercettazioni.

Altro pilastro dell’accusa: la macchia di sangue trovata sulla macchina di Olindo Romano. Antonino Monteleone spiega perché anche questa prova non sia così certa, soprattutto per le modalità del suo ritrovamento e per il rischio di inquinamento della prova stessa.

QUARTA PARTE: LA MORTE DI VALERIA E LE CONFESSSIONI
La quarta parte dell’inchiesta di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti (clicca qui per vederla) mostra come una ricostruzione alternativa della morte della vicina Valeria Cherubini, la moglie di Mario Frigerio, aprirebbe alla possibilità che gli autori della strage siano altri e non Rosa Bazzi e Olindo Romano.

Ci si concentra poi sull’ultimo pilastro che ha portato alla condanna: le confessioni, poi ritrattate di Rosa e Olindo. Avrebbero confessato per avere uno sconto di pena e riuscire a rivedersi. Questo almeno è quello che racconta Olindo durante l’intervista in carcere ad Antonino Monteleone, la prima a una tv, che intervalla tutto il nostro speciale.

Confessando, pur con i magistrati che mettevano a loro disposizioni le foto del delitto, commettono una valanga di errori. Lui ne colleziona 243, uno ogni 30 secondi. Gli errori di Rosa sono incalcolabili con una versione “delirante”, secondo quanto scritto anche negli atti del processo. Olindo dice perfino al pm, di fronte a qualche errore: “Metta quello che vuole”. Rosa chiede continuamente: “È giusto così?”.

QUINTA PARTE: IL SUPERTESTIMONE TUNISINO E PIETRO CASTAGNA
Come potete vedere dal video in alto, dopo aver mostrato come gli elementi che hanno portato alla condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano potrebbero non essere così solidi, qui si esplorano possibili piste alternative, partendo dalle prime indicate all’inizio dagli stessi inquirenti.

C’è quella dei rapporti difficili tra Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna, con il resto della famiglia Castagna. E ci sono anche quelle delle rivalità di Azouz con altri gruppi per lo spaccio di stupefacenti.

C’è un “supertestimone” Chemcoum Ben Brahim, spacciatore e amico di Azouz, che si presenta due volte dai Carabinieri di Erba a raccontare di avere visto, la sera della strage, a pochi metri dalla corte di via Diaz, diverse persone. Alcune, dice, parlavano animatamente in arabo. Sostiene anche di aver visto, forse, anche uno dei fratelli Castagna.

Dodici anni dopo, intanto noi abbiamo scovato in Tunisia Chemcoum, dichiarato “irreperibile” al processo (al processo non ci arriverà mai: era detenuto in un carcere italiano, ma aveva fornito diverse generalità).

Ad Antonino Monteleone, davanti ad Azouz Marzouk, conferma ancora oggi la sua versione e si dice disponibile a ripeterla anche ai magistrati, sostenendo che quel “uno dei fratello Castagna” al 90% era Pietro Castagna.

Dov’erano i Castagna nei momenti della strage? Il padre Carlo dice che era a casa con il figlio Beppe e che il fratello Pietro è arrivato alle 22 con la Panda della madre. Pietro sostiene invece di non usare quella auto, di essere tornato alle otto e di essere andato a dormire. C’è una contraddizione tra le due versioni, certo questo non permette di accusarlo: Pietro agli atti resta una vittima.

Monteleone ricorda come Pietro abbia proposto di regalare alla Croce Rossa la Panda della madre morta dopo la strage. Abbiamo ritrovato anche questa famosa Panda.

Altro punto: vi facciamo sentire un’intercettazione telefonica in esclusiva in cui si sente che Pietro Castagna vuole procurarsi una sim card telefonica nuova, sempre dopo la strage.

È stato doveroso parlare di tutto questo con lui, Pietro Castagna, che si dice convinto della colpevolezza di Rosa e Olindo e che “non ci sono assassini in libertà”.

Concludiamo tornando a Olindo e all’intervista in carcere. Molte cose continuano comunque a non tornare nella sua versione: dal “pedinamento” di Raffaella Castagna alla cena due ore più tardi del solito al McDonald’s la sera della strage, alle 21.37 come da scontrino, fino alla Bibbia commentata da Olindo con una preghiera per le vittime “alle quali abbiamo strappato via il bene più importante della vita” (“era il periodo delle confessioni”, dice Olindo).

Olindo si proclama comunque “innocente”: “Non siamo stati noi, forse ci han scambiati per quello che non eravamo”.

Una revisione del processo non è un tema impossibile, negli ultimi tre anni ce ne sono state 77. Rosa e Olindo sono davvero colpevoli “al di là di ogni ragionevole dubbio”? E Olindo che pensa? “La giustizia è qualcosa in cui ci spero ancora ma non ci credo più”. (Mediaset)