“Quelle bare sono parte di me”. Il militare che guidò i camion con i morti di Bergamo

27 Giugno 2020 - 10:21

“Quelle bare sono parte di me”. Il militare che guidò i camion con i morti di Bergamo

“Quelle bare sono parte di me”. Il militare che guidò i camion con i morti di Bergamo
Il militare che guidò i camion con i morti di Bergamo: “Quelle bare sono parte di me”. Quelle immagini hanno fatto male la cuore di un’intera nazione. I morti di Bergamo trasportati all’interno di bare con camionette dei militari. L’emergenza Coronavirus in Italia, nella fase 1, ha fatto malissimo. Chi parla adesso è uno di quei militari che quei giorni li ha vissuti in prima persona.

Tomaso Chessa scrive su Facebook: “Essere alla guida di un camion, una giornata qualunque dove il pensiero ti porta oltre la tua quotidianità. Tu guidi, scambi due chiacchiere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro, realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette…”.

Lettera aperta del militare

Il caporalmaggiore capo scelto, 42 anni di Sassari, scrive per raccontare le sue settimane alla guida di un camion dell’Esercito. Trasportava morti per Coronavirus. In servizio nel Reggimento di supporto tattico e logistico di Solbiate Olona a Varese.

“Ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può e tocca a te ed è li che sentì addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti…”.

“Poi arrivi lì alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare ‘il tuo carico’, oramai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore, ed è li che cerchi di capire l’identità del tuo compagno di viaggio… cosa difficilissima, delle otto persone che personalmente ho accompagnato, l’unico dei quali sono riuscito a risalite alla sua identità è il Signor Guerra classe 1938″.

Dolore e lacrime per quelle bare

“Pagherei oro per conoscere tutti i parenti delle otto persone e potergli dire che nonostante il contesto non avrebbero potuto fare un viaggio migliore….”.

“La cosa che mi dispiace di più, nonostante questo, amici e famigliari, continuano a non rendersi conto che tutto questo non è uno scherzo, la gente muore, chi non muore soffre, facile dire qua non siamo a Bergamo… Bene, abbiate la coscienza ed il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicure, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo… Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni del loro ultimo viaggio, ma se cosi non fosse sappiano che c’ho messo l’anima!”.
Fonte: Notizie.it