Il padrone è morto e il prete non fa entrare il cane in chiesa per l’ultimo saluto

26 Maggio 2019 - 19:34

Il padrone è morto e il prete non fa entrare il cane in chiesa per l’ultimo saluto

Il padrone è morto e il prete non fa entrare il cane in chiesa per l’ultimo saluto

Ha iniziato a ululare e a piangere. E ha commosso tutti. Ma non poteva entrare per l’ultimo saluto al suo padrone. Pavel è stato messo alla porta dal prete della chiesa di Pier Giorgio Frassati, a Torino. Pavel è un cane, un labrador color nocciola.

È vecchietto e ha passato la vita al fianco del suo padrone, Giorgio. Gli è stato vicino soprattutto nell’ultimo periodo, quello della malattia. Non lo mollava mai. Ma per il parroco non meritava di entrare in Chiesa durante il funerale.

«Non si portano animali in chiesa, lo sapeva anche San Francesco», si è giustificato. «Questa è casa mia e decido io chi entra», ha aggiunto risponde a chi diceva che la chiesa è «la casa di Dio, ovvero di tutti».

A denunciare quanto avvenuto è stato un vicino di casa che ha raccontato tutto su Facebook.

«I cani possono entrare in Chiesa in casi eccezionali come funerali di persone anziane molto legate al proprio amico a 4 zampe?– si è chiesto – Secondo una parrocchia di Torino zona borgata Frassati evidentemente no. E così, stamattina, questo simpatico ed educato Labrador che si chiama Pavel è rimasto fuori dalla parrocchia piangendo e ululando per un’ora al funerale del suo padrone, mio vicino di casa».

A denunciare quanto avvenuto è stato un vicino di casa che ha raccontato tutto su Facebook. «I cani possono entrare in Chiesa in casi eccezionali come funerali di persone anziane molto legate al proprio amico a 4 zampe?– si è chiesto – Secondo una parrocchia di Torino zona borgata Frassati evidentemente no. E così, stamattina, questo simpatico ed educato Labrador che si chiama Pavel è rimasto fuori dalla parrocchia piangendo e ululando per un’ora al funerale del suo padrone, mio vicino di casa».

La scelta del parroco ha scatenato numerose polemiche. C’è chi, commentando il post, è entrato ancora di più nel dettaglio. «Sto realizzando solo ora – racconta Alessia – Al primo NO, è stato chiesto di farlo stare almeno sulla porta, prima dell’ingresso. Lontano da quelle figure ben vestite che come prima scusa hanno da subito usato quella dell’essere allergici. Non gliel avremmo buttato addosso, per carità. Ma siamo persone rispettose e abbiamo capito. Anche se avremmo voluto solo che stesse vicino al suo padrone come ha fatto sempre e soprattutto nelle ultime ore. Perché si – scrive ancora – lui aveva capito e vegliava sul suo amico umano. Educatamente e silenziosamente come solo Pavel sa essere si è allora fatto da parte. Hanno insistito e l’hanno fatto indietreggiare ancora, praticamente fuori dalla chiesa. Da lì ha fatto dei piccoli e comprensibili lamenti. La mia famiglia, cattolica e credente, ha deciso, seppure in un momento di dolore, di tenersi ben stretta la busta destinata al caro padre (volutamente scritto minuscolo) – conclude – I cani e i gatti dentro le gabbie dei canili ringraziano. Così sia». (Leggo)