Coronavirus, Tarro: «Non serve un vaccino, ma una cura»

6 Luglio 2020 - 16:27

Coronavirus, Tarro: «Non serve un vaccino, ma una cura»

Coronavirus, Tarro: «Non serve un vaccino, ma una cura»
Tarro e il Covid: «Non serve un vaccino, ma una cura». Giulio Tarro si confessa in un’intervista a Libero. Il virologo napoletano ha spiegato così il suo punto di vista. «A mio avviso, il Covid19 potrebbe sparire completamente come la prima Sars. Oppure ricomparire come la Mers, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino».

Tarro e il Covid

«A Bergamo si è verificato qualcosa di ingestibile e che francamente ha stupito anche me, che mi trovo a lavorare con epidemie da decenni, c’è stata una richiesta di ben 185mila dosi di antinfluenzale».

«In concomitanza c’è stata un’endemia da meningococco per cui sono state richieste 34mila dosi. Tutti questi eventi sono sicuramente importanti, specialmente se messi a confronto con quello studio sull’esercito americano e quello olandese sul virus respiratorio sinciziale».

Sulla relazione fra inquinamento e diffusione del virus, Tarro spiega: «Ci sono sicuramente delle relazioni e a ciò aggiungerei una cosa forse sottovalutata da molti. Il fatto che i focolai di Coronavirus italiano siano nella Pianura Padana, principalmente in Lombardia e Veneto, potrebbe dipendere da fattori ecologici, come alcuni tipi di concime industriale».

«Non serve un vaccino, ma una cura»

«Eviterei di trasformare la Cina in un capro espiatorio, per giustificare inefficienze che sistemi sanitari all’avanguardia non dovrebbero avere. È necessaria un’argomentazione. Sulla diffusione del Sars-Cov 2, conta la zoologia correlata a una certa latitudine geografica».

«I virus influenzali hanno origine o da alcuni animali volatili o da alcuni animali acquatici. In primis i pipistrelli: è stato calcolato che nell’intestino di un pipistrello della Cina meridionale si celino almeno 50 tipi di coronavirus diversi. E, considerando che il pipistrello ha anche una grande importanza alimentare nel Paese, non ci si può certo stupire che il 3% degli agricoltori di tutta la Cina risulti positivo ai coronavirus: nella stragrande maggioranza dei casi fortunatamente si tratta di forme benigne».

«’Ritengo che in Italia siano state decise misure con una tempistica poco felice. Varate in ritardo sull’effettiva convenienza ma al momento giusto, se vogliamo dire così, per aumentare stress e panico. Stress e panico di cui qualcuno sicuramente dovrà pagare il conto».

«In Italia il virus circolava probabilmente già da moltissimo tempo. In Lombardia è scoppiata una “bomba atomica”, tutto in un lasso di tempo troppo breve a fronte della capacità del Sistema Sanitario. L’Italia ha chiuso i voli diretti con la Cina, senza controllare gli arrivi indiretti attraverso gli scali e quindi è stato possibile aggirare il divieto».
Fonte: ilroma.net