Trapianto di faccia, tentativo bis a Roma: «Voglio tornare a vivere»

29 Novembre 2018 - 12:43

Trapianto di faccia, tentativo bis a Roma: «Voglio tornare a vivere»

Trapianto di faccia, tentativo bis a Roma: «Voglio tornare a vivere»

È ancora senza volto la donna operata due mesi fa all’ospedale Sant’Andrea di Roma in quello che era stato preannunciato come il primo trapianto di faccia eseguito in Italia. Oggi «le sue condizioni cliniche sono stabili, non ha febbre, gli esami ematochimici sono nella norma e lei è su di morale e ben determinata a sottoporsi a un nuovo intervento chirurgico», che potrebbe arrivare «molto presto».

Lo riferisce Paolo Anibaldi, direttore sanitario dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea, sentito dall’Adnkronos Salute per fare il punto sulle condizioni della paziente sottoposta nella struttura a un intervento in prima italiana, che purtroppo non si è rivelato risolutivo. Dopo l’espianto del volto da donatore e la ricostruzione temporanea con tessuti autologhi, «la paziente è rimasta in reparto e sta assumendo vari tipi di farmaci per evitare il rischio di trombosi, oltre a un supporto vitaminico necessario anche perché viene alimentata con Peg», continua Anibaldi.
L’operazione

Non ci sono preoccupazioni per la sua vita: la paziente è seguita attentamente «e speriamo possa essere presto sottoposta a un nuovo trapianto. Stiamo aspettando un donatore compatibile», e l’equipe del Sant’Andrea «è preallertata: sa di doversi tenere pronta». Un’attesa che la donna sta affrontando «con determinazione: il suo umore – testimonia il direttore sanitario – è stabile e dai colloqui con gli psicologi, perché l’aspetto psicologico è molto importante nel caso dei trapianti, ha mostrato una certa forza di carattere».

A occuparsi di lei «un team multidisciplinare molto affiatato», che punta a dare a questa paziente «la speranza di una nuova vita. Si tratta di una donna arrivata all’intervento con problemi funzionali importanti, ma anche di altro tipo, che la ostacolavano nei rapporti sociali». E se nel primo intervento qualcosa non ha funzionato «abbiamo ancora solo delle ipotesi su cosa non sia andato bene. Ma bisogna anche dire che questo è il 42esimo caso al mondo, e che si stratta di un intervento eccezionale e ancora sperimentale. Abbiamo condiviso le cartelle cliniche e gli esami con centri internazionali altamente specializzati», sottolinea Anibaldi. Ma al momento ci sono solo ipotesi su cosa non sia andato per il verso giusto.

Nelle prime ore si era parlato di una sofferenza del microcircolo. «C’è una finestra di 4 ore di tempo per evitare l’ischemia, e qui è passato molto meno, anche perché il donatore era nella nostra struttura», evidenzia il direttore sanitario. In ogni caso il team si sta preparando con attenzione, in attesa di un nuovo donatore compatibile «per dare speranza alla paziente e una nuova fiducia nell’affrontare i rapporti con il prossimo. Il morale dell’equipe è ottimo: i medici sono pronti al nuovo intervento e puntano a ottenere il massimo», assicura Anibaldi. E se nel caso del primo trapianto non sono mancate critiche per aver reso noto l’intervento troppo presto, prima di averne conosciuto l’esito, la prossima volta «saremo attentissimi», conclude il direttore sanitario. (Leggo)