Johnny lo Zingaro evade ancora: fatale un permesso premio

7 Settembre 2020 - 11:02

Johnny lo Zingaro evade ancora: fatale un permesso premio

Nuova clamorosa evasione per Johnny lo Zingaro. L’ergastolano 60enne Giuseppe Mastini, come riporta notizie.it, si trovava fuori dal carcere per un permesso premio e avrebbe dovuto farvi ritorno a mezzogiorno. Invece non vi ha più fatto ritorno.

COME NEL 2017

Non era la prima volta che ha evaso un penitenziario. L’ultima volta è accaduto il 30 giugno del 2017, quando l’uomo era recluso nel carcere di Fossano in provincia di Cuneo.

LIBERTA’ SEMI VIGILATA

Anche in quell’occasione vigeva in libertà semi vigilata. Mastini, di origine sinti, ha fatto una vita dentro e fuori dal carcere. Il primo crimine che ha commesso risale a quando aveva solo 11 anni. Tra gli altri delitti in cui era coinvolto anche quello di Pier Paolo Pasolini.

UNA VITA AL LIMITE

Una vita fuori e dentro le sbarre a commettere delitti e a spargere sangue sin dagli anni ‘70 quella di Giuseppe Mastini. Di origini Sinti, si era macchiato in passato di numerosi delitti importanti.

NEL 1987 LA PRIMA FUGA

La prima fuga risale al 1987 anche in quel caso sempre in licenza premio. In quell’occasione aveva compiuto diversi furti e rapine, sequestrato una ragazza di nome Silvia Leonardi e ucciso una guardia giurata.

RECLUSO A SASSARI

Venne ritrovato due anni più tardi. La seconda fuga il 30 giugno del 2017. Da luglio dello stesso era stato recluso nel carcere di massima sicurezza di Sassari.

LE PROTESTE DELLA POLIZIA

Il segretario generale della polizia Vincenzo Chianese a questo proposito aveva dichiarato: «La normativa che consente di uscire dal carcere anche a persone che palesemente non dovrebbero poter circolare va assolutamente cambiata».

Poi Chianese ha spiegato il perché della sua idea: «Non solo per evitare che i familiari delle vittime ogni volta che accadono certe cose avvertano di nuovo lo stesso dolore. Ma anche perché la sensazione di impunità che c’è nel nostro Paese mina profondamente la credibilità dello Stato».