In arrivo l’austerità BIS ricordando il ’73 approfondimento di Mino Cucciniello

5 Settembre 2022 - 19:24

In arrivo l’austerità BIS ricordando il ’73 approfondimento di Mino Cucciniello

Prezzo del gas e dell’energia elettrica alle stelle e purtroppo ci attendono mesi di bollette salate e di austerity che fanno venire in mente, a chi li ha vissuti, gli anni 1973/74 quando in Italia come nel resto dell’Europa, in

seguito alla grande crisi petrolifera, vennero adottate dal governo italiano delle severe restrizioni in modo da poter ridurre il consumo dell’elettricità e della benzina. Il provvedimento governativo arrivò, quasi come un fulmine a

ciel sereno, ad interessare il nostro paese che sino a qualche anno prima aveva vissuto i fasti del boom economico. Il decreto prevedeva tutta una serie di divieti consistenti, tra l’altro, nello spegnere le illuminazioni dei

monumenti e degli edifici pubblici, nel non accendere le insegne dei negozi, i bar, i ristoranti, i cinema, i teatri e night club dovevano concludere le loro attività entro la mezzanotte. Orario e temperatura dei termosifoni casalinghi

furono ridotti di tempo e di gradi, ed infine la restrizione che fece più scalpore, fu il divieto di circolazione automobilistica dalle 00.00 alle 24 della domenica. Anche la Rai, all’epoca c’erano soltanto il primo ed il secondo canale, dovette

anticipare lo storico tg delle 20,30 alle 20 in modo da far terminare le trasmissioni entro le 22,30. Tagli, furono attuati anche al mitico varietà

televisivo Milleluci con Mina e la Carrà riducendone le puntate dalle iniziali dieci a sette.

Il provvedimento restrittivo entrò in vigore il due dicembre 1973 ed ironia della sorte, Napoli si svegliò sferzata da un forte vento di tramontana che spinse

maggiormente i napoletani a rintanarsi nelle proprie abitazioni dopo essere rientrati dalla tradizionale messa domenicale.

Inutile dire che nel periodo natalizio le strade dello shopping rimasero prive delle consuete luminarie e tal cosa non incentivò i cittadini ad uscire per i

tradizionali doni da deporre sotto l’albero. I controlli da parte delle forze pubbliche furono severissimi e le multe previste per i trasgressori ammontavano sino ad un milione di lire. Gli unici veicoli autorizzati a circolare

la domenica erano i mezzi pubblici, i taxi quasi introvabili e le pochissime auto dei medici, pertanto anche i più pigri si dovettero rassegnare a muoversi

a piedi, molti riscoprirono le vecchie bici abbandonate nei garage qualcuno invece per raggiungere il centro utilizzò il cavallo che aveva presso il Circolo

della Staffa. Per molti fu l’occasione per (ri)scoprire musei ed angoli della città sconosciuti, perchè in quegli anni si andava ovunque in auto dal momento che non c’erano isole pedonali ed il parcheggio si trovava facilmente, perfino

in via Chiaia quando ci si recava al cineteatro Metropolitan che all’epoca poteva contenere duemilaottocentonovanta spettatori. Il jogging e tutte le

altre attività sportive praticate all’aria aperta erano sconosciute o quasi, l’interesse per la cura del fisico sarebbe scoppiato solo negli anni ottanta.

L’austerity fu addolcita dall’aprile 1974 quando per le domeniche fu consentito la circolazione dei veicoli a targhe alterne, poi con l’inizio

dell’estate le restrizioni vennero sospese e tutto ritornò come prima, e sebbene le restrizioni messe in atto dal governo durarono soltanto sei mesi, comunque fecero cambiare mode e tendenze che fino a prima dell’ austerità

sembravano indissolubili. Così fu per La Mela il famoso night di via dei Mille, che perse la sua tradizionale clientela perchè il sabato e la domenica i pomeriggi danzanti invece di terminare alle ventuno si prolungavano sino a

chiusura del locale, la tal cosa non fu gradita da chi era abituato a frequentarlo da dopo le ventitrè, perchè i giovani del pomeriggio non

andavano via. Per molti l’austerità fu considerata come la fine della cosiddetta dolce vita felliniana. A giovare di questa situazione fu la Giungla un

locale di Marechiaro che grazie ad un escamotage riuscì a funzionare anche dopo mezzanotte, pertanto il popolo della notte si trasferì in massa in questo

nuovo night dove poteva continuare a fare le ore piccole, quando non si riuniva in abitazioni private o non andava a cena al Luigi XIV sulle scale di S. Arpino altro locale che non spegneva le luci dopo la mezzanotte. 

Anche il San Carlo, come tutti gli altri teatri, per la sua serata inaugurale della stagione 1973/74 che si tenne il 7 dicembre con La Forza del Destino, dovette adeguarsi ai nuovi orari imposti dal governo e pertanto anticipò dal

tradizionale orario delle 20,45 alle ore 19 l’apertura del sipario, ma nonostante il forzato anticipo le signore non rinunciarono a sfoggiare i loro abiti da gran sera che già erano stati ordinati alle varie sartorie, che

abbondavano tutte intorno a via Dei Mille, prima che si sapesse delle restrizioni dell’austerità. Conseguenza delle previste restrizioni, per ridurre i costi, anche il tradizionale ricevimento, offerto dal Prefetto di Napoli in

occasione della festa della Repubblica, che si svolgeva tra i saloni ed il giardino pensile di Palazzo Reale al quale partecipavano oltre mille invitati, venne traslocato negli altrettanto belli ed imponenti ma sicuramente, meno

spaziosi, saloni della Prefettura in piazza del Plebiscito, pertanto gli addetti al cerimoniale si videro costretti ad eliminare molti nomi di invitati che non gradirono questa loro esclusione. Nonostante tutti questi cambi di abitudine,

la cosa che faceva più tristezza, era quando alle 19 i negozi abbassavano le loro serrande e le vie ben presto diventavano buie e deserte, restavano accese solo le luci delle sale cinematografiche. All’epoca erano oltre novanta

in tutta la città, nelle quali l’ultimo spettacolo iniziava alle 21,30 in modo da poter terminare per le 23, in tal modo davano la possibilità agli spettatori di poter rientrare con la propria auto entro la mezzanotte del sabato sera.

Purtroppo a distanza di circa cinquantanni questi tristi ricordi stanno ritornando di attualità, con la differenza che all’ epoca era un dopo boom ora è un dopo covid. Poveri noi!