Il casco che salva i capelli dalla chemio è un successo: 35 pazienti hanno evitato la parrucca

12 Novembre 2019 - 14:00

Il casco che salva i capelli dalla chemio è un successo: 35 pazienti hanno evitato la parrucca

Il casco che salva i capelli dalla chemio è un successo: 35 pazienti hanno evitato la parrucca

Il casco refrigerante che evita la caduta dei capelli durante la chemioterapia continua a ottenere grandissimi risultati nei nosocomi italiani in cui è stato installato. All’Ospedale Umberto I di Lugo di Romagna (Ravenna), dove il Paxman Scalp Cooling system è arrivato nel gennaio dello scorso anno grazie a una donazione di 35mila Euro dell’Istituto Oncologico Romagnolo – IOR, ha permesso al 56 percento delle pazienti in cura per un cancro al seno di preservare la propria chioma e dunque di evitare la parrucca.

La perdita di capelli rappresenta infatti uno degli effetti collaterali psicologicamente più sconvolgenti legato ai trattamenti contro i tumori, in particolar modo per le donne. Poterla evitare è indubbiamente di grande beneficio per la qualità della vita.

Da quando il Paxman Scalp Cooler è stato installato all’ospedale in provincia di Ravenna sono state trattate 62 donne, 35 delle quali sono giunte al termine della chemioterapia senza aver bisogno di una parrucca, come dichiarato dal professor Claudio Dazzi, responsabile del Day hospital oncologico.

Soltanto cinque delle pazienti hanno dovuto rinunciare all’innovativo trattamento per l’alopecia da chemioterapia, a causa degli effetti collaterali del casco (in silicone) come la sensazione di freddo e il mal di testa. Le percentuali sono del tutto in linea con quelle attese dall’ospedale prima dell’installazione del sistema Paxman, utilizzabile da due pazienti contemporaneamente.

Ma come agisce il Paxman Scalp Cooling system? In parole semplici, il casco raffredda il cuoio capelluto a circa 4° centigradi, facendo restringere i vasi e impedendo che i farmaci chemioterapici raggiungano le cellule dei bulbi piliferi e determino la caduta dei capelli. Medicinali come come gli alchilanti, i tossani e le antracicline (tra i più comuni chemioterapici) colpiscono infatti le cellule che si replicano velocemente, come quelle ‘impazzite’ del cancro, ma non fanno distinzioni con quelle sane dei capelli, che sono tra le più veloci del nostro organismo. Il primo ospedale a credere nelle potenzialità del dispositivo è stato quello di Carpi, dove è in sperimentazione dal 2013; da allora è stato acquistato da altri nosocomi italiani e continua a dimostrare la sua ampia efficacia.

(Fanpage)