Franco Di Mare a Che Tempo Che Fa: “Ho un tumore incurabile, mi resta poco”

28 Aprile 2024 - 20:46

Franco Di Mare a Che Tempo Che Fa: “Ho un tumore incurabile, mi resta poco”

Franco di Mare, noto giornalista inviato Rai, è stato intervistato a Che Tempo Che Fa ed ha annunciato di avere un tumore molto aggressivo.

L’ex inviato di guerra ha rivelato di soffrire di un grave mesotelioma. “Da inviato di guerra ho respirato amianto: sono sereno e non mollo, ma da questo non si guarisce. La Rai non risponde alle mie mail”: queste le sue parole.

Franco Di Mare, 68 anni, ad oggi respira attraverso un macchinario che gli trasmette ossigeno nel naso. “È un diffusore di ossigeno, è lui ora il mio polmone. Prima mi aiutava soltanto di notte. Da una decina di giorni invece non posso più staccarmi. Sono legato come gli astronauti. A guardarlo bene assomiglia a R2-D2, il robottino di Guerre Stellari”.

Ha raccontato, inoltre, del momento in cui si è accorto per la prima volta che qualcosa non andava: “Ero seduto qui su questo divano, guardavo un programma scemo in tv. Una fitta terribile mi è esplosa tra le scapole, una coltellata. Credevo fosse un dolore intercostale. Invece era il collasso della pleura, uno pneumotorace. Pensai: non è niente, passerà. Ho cambiato posizione, mi sembrava di sentirla meno. Ci ho dormito su, però respiravo male. Credevo di avere il Covid, ma i test risultavano negativi. Dopo 20 giorni così, mi decisi a fare dei controlli al Policlinico Gemelli”.

“La malattia era contenuta nella pleura, a parte due puntini in cui era perforata. E da lì, maledizione, il tumore è uscito. La decorticazione mi ha regalato due anni di vita. Poi però, sei mesi fa, c’è stata una recidiva. Si è presentata allo stesso modo. Una fitta acutissima. Stavolta a sinistra. Respiro con un terzo della capacità polmonare”.

Il motivo, a detta del giornalista, sono state le inalazioni di amianto durante il periodo da inviato di guerra in Jugoslavia: “sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte. Il periodo di incubazione può durare anche 30 anni. Eccoci”.

Ci ha scritto un libro, che è in uscita domani, dal titolo “Le parole per dirlo” : “Per raccontare le guerre fuori da me e quella dentro di me. Un piccolo dizionario esistenziale. Senza pietismo. È il mio testamento”.

Fonte: Corriere

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