Come ormai noto, il governo guidato da Giuseppe Conte si appresta a prorogare le misure restrittive oltre la data del 3 aprile. I dati che giungono in queste ore dalle zone più colpite dall’epidemia da coronavirus, infatti, suggeriscono ancora molta cautela e rendono impensabile l’idea di un allentamento del lockdown almeno per altri 15 giorni.
Parallelamente, la chiusura delle attività non essenziali e le altre misure restrittive rendono urgente un nuovo intervento del governo in materia economica e fiscale, che dotrebbe concretizzarsi con un nuovo decreto da varare nei primissimi giorni di aprile. La cifra intorno alla quale si ragiona è di circa 30 miliardi di euro, anche questa considerata “provvisoria”, in attesa di capire dove porterà la complessa discussione impostata in Europa in questi giorni sugli Eurobond / Coronabond, su cui comunque permangono forti divergenze con Germania, Olanda e la guida stessa della Commissione Europea, e sull’utilizzo del MES.
In primo luogo, serve un rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per i lavoratori delle aziende e delle attività bloccate dall’ultimo provvedimento del governo: la platea dei lavoratori e delle aziende interessate è infatti cresciuta a seguito delle restrizioni impostate col Dpcm del 22 marzo, dunque le risorse messe inizialmente a disposizione potrebbero non bastare.
L’idea sarebbe quella di un fondo di garanzia per “convincere” gli istituti di credito a erogare prestiti con maggiore elasticità alle aziende in difficoltà, non è chiarissimo se con un ruolo attivo da parte di Cassa Depositi e Prestiti.
È piuttosto evidente, infatti, come i 400 milioni e i 4,3 miliardi di anticipo ai Comuni non possano che essere dei palliativi, provvedimenti utili solo a tamponare una crisi che interessa milioni di famiglie. Serve uno strumento più incisivo e strutturale, una misura di carattere universalistico che somigli a una sorta di reddito di quarantena.
L’ipotesi su cui si lavora è quella di ampliare la platea di beneficiari del reddito di cittadinanza, utilizzando le stesse modalità (la card), lo stesso soggetto (INPS) e la stessa cifra: dunque non i 600 euro al mese di cui si parla in queste ore, ma i 780 della “soglia minima” di povertà, slegati dall’ISEE o quantomeno dalla sua componente patrimoniale.
Resta da capire in che tempi si potrà essere operativi e quante risorse si avranno concretamente a disposizione. Al momento è ancora un mistero tutto ciò. Fonte: Fanpage.it