Coronavirus, l’Istituto Superiore di Sanità: «L’attività dei bambini all’aperto un rischio per i nonni»

16 Aprile 2020 - 20:32

Coronavirus, l’Istituto Superiore di Sanità: «L’attività dei bambini all’aperto un rischio per i nonni»

Coronavirus, l’Istituto Superiore di Sanità: «L’attività dei bambini all’aperto un rischio per i nonni»
«Dobbiamo stare molto attenti», dice il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro. Lo ripete ogni volta che viene interpellato in merito alla Fase 2.

In questo caso il tema sono i bambini e le loro necessità di attività all’aperto, magari togliendo il lucchetto ai parchi per dare libero sfogo alla loro energia giovanile. Un rischio, secondo Brusafferro, che può trasformarsi in un «boomerang» per i nonni, le persone fragili più colpite dal Covid-19.

«Abbiamo raggiunto un obiettivo importante che è quello di tenere ‘R’ sotto 1 – ha detto il presidente dell’Iss in occasione del consueto bollettino pomeridiano – Dobbiamo muoverci con grande cautela e declinare la necessità dell’attività fisica dei bambini in modo tale che il rischio sia comunque ridotto al minimo».

Il pericolo non è dei piccoli, almeno non il più grande. «Nella struttura familiare italiana i nonni hanno un ruolo importante e si rischia un cortocircuito che può diventare un boomerang.

Dobbiamo stare molto attenti», ha spiegato aggiungendo, e aprendo il discorso a tutta la società, che «il Comitato tecnico scientifico sta valutando tutte le varie opzioni. Si lavora su un mix di misure che possano consentire di allentare alcune restrizioni mantenendo però il dato R con 0 sotto l’1».

Brusaferro ha sollevato qualche dubbio anche in merito alla funzionalità dei test sierologici. «Al momento c’è uno studio di sieroprevalenza per indagare quante persone sono venute a contatto

col virus e capire qual è la circolazione – ha dichiarato – Ci sono stime variabili da regione a regione ma in generale il 90% delle persone in Italia non è venuto a contatto col virus.

Questo vuol dire che una larghissima parte della popolazione è ancora suscettibile. Per avere l’immunità di gregge bisognerebbe avere circa l’80% di persone venute a contatto col virus, dunque il target è molto lontano. Quindi non c’è un golden standard».
Fonte: Leggo.it