Ultim’ora Usa. Trump sotto accusa: «Non ti vogliamo più, sei un folle»

19 Dicembre 2019 - 9:08

Ultim’ora Usa. Trump sotto accusa: «Non ti vogliamo più, sei un folle»

Ultim’ora Usa. Trump sotto accusa: «Non ti vogliamo più, sei un folle»

Donald Trump fa il suo ingresso nei libri di Storia come il terzo presidente americano finito sotto impeachment – dopo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998 (Nixon si dimise prima del voto) – quando negli Stati Uniti sono ormai passate otto e mezza di sera: al termine di una lunghissima giornata politica durata più di 12 ore.

I due articoli di impeachment approvati il primo con 230 voti favorevoli e 197 contrari – in pratica tutti i repubblicani più i dem Collin Petterson e Jeff Van Drew, il deputato del New Jersey che ha già annunciato di voler cambiare casacca.

Il secondo con 229 voti a favore e 198 contrari: perché il dem Jared Golden del Maine già da lunedì aveva annunciato la volontà di votare a favore dell’articolo che incrimina Trump per abuso di potere: ovvero aver pressato il leader ucraino Volodimir Zelenskij affinché aprisse un’inchiesta sui Joe Biden, in cambio di 391 milioni di dollari in aiuti militari già varati.

Ma di non essere convinto dal secondo capo d’accusa, quello di ostruzione al Congresso: per cui il Presidente avrebbe intralciato l’inchiesta. E dunque avrebbe votato contro.

La giornata era iniziata con Nancy Pelosi che, dopo il voto procedurale, aveva arringato la Camera riunita in seduta plenaria affermando: “Non ci ha dato altra scelta”. Aprendo “solennemente e tristemente” il lungo dibattito sull’impeachment.

Una vera maratona di interventi, coi deputati di entrambe gli schieramenti pronti a ripetere all’infinito accuse (“Trump ha violato la Costituzione e abusato dei suoi poteri per ottenere benefici politici personali. Nessuno è al di sopra della legge”) e difesa (“Non ha fatto nulla di male, è una caccia alle streghe, un tentativo di colpo di stato”).

Una lunga passerella dove ciascun deputato ha un minuto per dire la sua: parlando alla nazione, certo. Ma soprattutto ai propri elettori. Per molti deputati democratici a caccia di rielezione negli stati più incerti, un vero atto di coraggio, visto che la scelta ne mette a repentaglio la rielezione.

Approvando l’impeachment contro Trump, la Camera dei Rappresentanti Usa “ha fatto il suo dovere costituzionale. Sfortunatamente sembra sempre più evidente che il Senato repubblicano non lo farà. Questa questione non sarà risolta fino al prossimo novembre dal popolo americano”. Così Michael Bloomberg, candidato alla presidenza con i democratici, commentando la messa in stato di accusa di Trump e anticipando l’assoluzione da parte del Senato controllato dal Grand Old Party.

(LaRepubblica)