L’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è indagato nel procedimento aperto dalla procura di Firenze sulle stragi mafiose del 1993. La notizia si apprende a Palermo. I legali di Marcello Dell’Utri, imputato nel processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, hanno depositato alla corte d’assise d’appello, che celebra il dibattimento, la certificazione da cui risulta che l’ex capo del governo è indagato a Firenze. Una mossa, quella della difesa che aveva citato a deporre Berlusconi, che gli consentirà di non rispondere.
Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono i protagonisti di una nuova inchiesta nata nel 2017 e secondo l’accusa sarebbero i mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che vennero compiute a Firenze, Roma e Milano. La procura del capoluogo toscano aveva ottenuto dal giudice delle indagini preliminari la riapertura del fascicolo, archiviato nel 2011, richiedendo nuovi accertamenti alla Direzione investigativa antimafia. Lo scopo della nuova indagine era approfondire le parole pronunciate in carcere dal boss Giuseppe Graviano, intercettato dai pubblici ministeri palermitani del processo ‘Trattativa Stato-mafia’ mentre parlava dell’ex presidente del Consiglio e dall’ex senatore di Forza Italia in carcere per scontare una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.
Le frasi del boss Graviano su Silvio Berlusconi
Giuseppe Graviano, in particolare, il 10 aprile del 2016 diceva a un compagno di ora dìaria: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza…” E ancora: “Nel ’92 già voleva scendere… Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi, lui mi ha detto: ci vorrebbe una bella cosa”. Parole pesanti nelle quali secondo la procura di Palermo Graviano avrebbe attribuito a Berlusconi il ruolo di mandante delle stragi del 1992-1993. Dialogando nel carcere di Ascoli Piceno con il camorrista Umberto Adinolfi, suo compagno dell’ora d’aria, Graviano diceva di Berlusconi: “Pezzo di crasto che non sei altro, ma vagli a dire com’è che sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste”. “Ti ho portato benessere – diceva ancora il boss – Poi mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi. Per cosa? Per i soldi, perché tu ti rimangono i soldi… dice, non lo faccio uscire più e sa che io non parlo perché sa il mio carattere e sa le mie capacità”. In un altro passaggio: “Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta … alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso … e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente”.
Affermazioni forti, che non sono sfuggite ai pubblici ministeri Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi, che il 28 marzo 2017 interrogarono Graviano chiedendogli lumi su alcuni passaggi delle intercettazioni. Il boss si avvalse della facoltà di non rispondere. “Sono distrutto psicologicamente e fisicamente con tutte le malattie che ho, non sono in grado di affrontare un interrogatorio”. Lasciò tuttavia un messaggio: “Quando sarò in condizione sarò io stesso a cercarvi, per chiarirvi alcune cose che mi avete detto”.
fonte: Fanpage