L’irriperibilità di un interprete linguistico non fa decollare il processo della donna bangalese violentata a Napoli

25 Maggio 2023 - 13:08

L’irriperibilità di un interprete linguistico non fa decollare il processo della donna bangalese violentata a Napoli

Oggi, nell’Europa multilingue, non può ritenersi ancora accettabile che non ci sia un’assistenza linguistica ‘concreta’ ed ‘immediata’ per garantire un giusto processo, in una logica espansiva propria dei diritti fondamentali. Ma la novella del solo approccio idealistico dell’effettività dei diritti trova riscontro nel caso di Nera A., cittadina del Bangladesh, giunta in Italia assieme al marito, che violentata a Napoli nel 2017 e dopo due anni è iniziato il processo di dibattimento con ben otto udienze di rinvio, all’interno dell’aula 416 del Tribunale, accanto alla sua legale di fiducia, l’avvocato Mariagrazia Santosuosso,  per mancanza di reperire un interprete  bengalese, nonostante la solerzia del giudice del Tribunale di Napoli che ha provato ad assicurare un filtro adeguato nella comunicazione che avviene tra le parti in aula scrivendo agli albi di interpreti a Napoli e negli altri uffici giudiziari della Campania, addirittura nella regione Lazio. Ma alquanto pare ad oggi non ci siano interpreti in grado di tradurre i momenti salienti di un processo per garantire i diritti della parte offesa in grado di riportare in modo lineare le domande del pm, degli avvocati dei due imputati, dello stesso giudice.  Otto udienze, otto rinvii rappresentano un grave inadempimento e si sta perdendo un’altra un’occasione” per modernizzare l’ordinamento giuridico italiano. Al processo in corso sono imputati l’ex marito di Nera A. Jamal Md Hossain e Rana Sohel, entrambi del 1978, difesi dal penalista napoletano Giacomo Pace, che in aula finora si sono dichiarati innocenti e sono determinati a dimostrare la propria estraneità alle accuse. Il processo, allora, ha bisogno di un mezzo di comunicazione comune a tutti i contraddittori così da tutelare al meglio il diritto di difesa di ciascuno. Infatti tutti e tre chiedono che il processo abbia inizio attraverso l’effettiva comprensione delle proprie ragioni, partendo proprio dalla denuncia messa a verbale dalla donna alla Procura come parte offesa.  Nel momento in cui viene ascoltata per la prima volta la voce di Nera dagli agenti di un commissariato cittadino, gli stessi chiariscono non sono riusciti a verbalizzare tutta la testimonianza della donna, di fronte alle difficoltà di padronanza della lingua italiana. Ora l’udienza è stata rinviata il prossimo 31 maggio nella speranza che il procedimento penale possa avere il pieno coinvolgimento di un professionista in grado di tradurre e riportare la prosa giuridica alla testimone.

Il presidente del Tribunale Elisabetta Garzo a Il mattino ha dichiarato: “È necessario individuare un interprete a tutela della dignità della donna che ha sporto denuncia, ma anche degli imputati che hanno diritto di conoscere in modo trasparente la versione di chi li accusa. Ovviamente, se anche la prossima udienza non dovesse essere presente un interprete in aula, sarà necessario inoltrare una richiesta ad hoc all’ambasciata e agli uffici consolari”.

L’avvocato Pace, veterano del mondo penale a Napoli, commenta a Il Mattino: “Questa vicenda dimostra che nei Tribunali importanti bisognerebbe dare vita a un ufficio di interpreti stipendiati dal ministero, in modo da impedire questo tipo di defaillance. Bisognerebbe garantire la copertura di lingue che ormai vengono usate da anni da tantissimi cittadini integrati nelle nostre comunità e che vanno rappresentati nell’interesse di tutti”.

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