“Ti impicco al cancello” Codice rosso anche sul lavoro

22 Novembre 2020 - 16:45

“Ti impicco al cancello” Codice rosso anche sul lavoro

Finalmente il Codice Rosso si applica anche per reati sul lavoro

“Appare indispensabile disciplinare specificamente le situazioni di mobbing, di stalking e di abusi sessuali all’interno delle forze armate, attraverso una disciplina specifica che tenga conto delle peculiarità di status dei soggetti attivi e passivi e di contesto entro cui i fatti si verificano”.

Quasi due anni fa, con queste parole, il procuratore generale militare Marco De Paolis inaugurò l’anno giudiziario. Occasione per sottolineare che tale esigenza si stava manifestando con sempre maggior forza dopo l’ingresso del personale femminile nelle forze armate.

Da allora la disciplina non è cambiata, ma per la prima volta la Procura militare di Napoli ha trovato una strada per perseguire anche tali reati e tutelare le donne inuniforme.

Reati consumati al di fuori di una caserma, entrambi, indagato e vittima, indossano una divisa e che si trovano quotidianamente a lavorare fianco a fianco prestando servizio nello stesso comando.

L’inchiesta

Un’inchiesta in cui una 36enne del 21° Reggimento Genio Guastatori di Caserta avrebbe a lungo subito da parte di un superiore violenze, minacce, insulti e alla fine dei veri e propri atti persecutori, che hanno portato il sostituto procuratore militare Marina Mazzella a perseguirli contestando all’indagato, un 44enne, i reati di violenza contro un inferiore e minaccia e ingiuria contro un inferiore.

Vicende che, oggetto di un’inchiesta anche da parte della Procura ordinaria, quella di Santa Maria Capua Vetere, fatta partire utilizzando il cosiddetto “Codice Rosso”, hanno portato gli inquirenti a ipotizzare non a caso proprio il reato di stalking.

Le indagni della procura militare

Le indagini della Procura militare di Napoli sono iniziate dopo una segnalazione del comandante del 21° Reggimento Guastatori. Una 36enne di Capua, caporal maggiore scelto dell’Esercito, impegnata nell’operazione “Strade sicure” per l’emergenza Covid, in stato confusionale e con dei segni di violenza sul collo e sull’addome, il 16 aprile scorso ha chiesto aiuto ai colleghi.

Ha quindi riferito a un capitano di aver avuto un litigio con un altro militare con cui intratteneva da due anni una relazione diventata troppo turbolenta, rifiutandosi però di denunciarlo e di recarsi in ospedale.

L’indagato

Ben presto i sospetti si sono concentrati sull’attuale indagato, un caporal maggiore capo scelto qualifica speciale di Casapulla.

Dalle indagini svolte dai carabinieri di Capua è quindi emerso che il 44enne avrebbe più volte picchiato la sottoposta, sbattendole la testa contro il cruscotto dell’auto e rompendole un dente, schiaffeggiandola e prendendola per i capelli, l’avrebbe insultata, le avrebbe sputato addosso e l’avrebbe minacciata di morte.

La Vittima

“Era solito ripetermi – ha riferito alla fine la vittima agli investigatori – che mi avrebbe impiccato al cancello di casa mia“. Trovato la 36enne il coraggio di presentare una denuncia, sulla vicenda ha aperto un’inchiesta per stalking anche il sostituto procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, Gionata Fiore.

La vittima, assistita dall’avvocato Massimiliano Strampelli, ha riferito ai carabinieri di non riuscire più neppure a dormire tranquillamente e di vivere a lavoro una situazione di estremo imbarazzo sia con i superiori che con i colleghi, lavorando nello stesso comando l’uomo da lei denunciato: “In più occasioni non ha mancato di deridermi”.

Per l’indagato, che sarebbe stato intanto trasferito a un altro comando, si profila ora una richiesta di giudizio da parte della Procura militare, che ha concluso le indagini preliminari, e a breve una seconda richiesta di processo potrebbe arrivare dalla Procura ordinaria.

Ma il 44enne si difende e tramite il suo avvocato Michele Spina ha già inviato una memoria alla Procura in cui, riferendosi alla vittima, il legale scrive:

Assurda dichiarazione

“Approfittandosi del suo essere donna in realtà è lei a porre in essere molestie e condotte persecutorie nei confronti del mio assistito, con il quale oltretutto non ha mai intrattenuto alcuna relazione, né le ha fatto mai promesse in tal senso”.