La Svolta. MASSACRO della Famiglia in vacanza a Belgrado: «La figlia ha confessato»
La polizia macedone ha fermato due persone in merito al triplice omicidio della famiglia macedone di etnia albanese, che da anni risiedeva a Sacile (Pordenone), avvenuto lo scorso 27 agosto a Debar (Macedonia). Si tratterebbe, secondo quanto risulta all’ANSA, di due persone originarie di Debar e Gostivar, che sarebbero coinvolte nella vicenda. Le due persone sarebbero state identificate grazie all’esame del Dna effettuato su campioni prelevati nei giorni scorsi. La fonte ha specificato che una giovane sarebbe direttamente coinvolta nel massacro. Secondo il quotidiano oggi in edicola la strage sarebbe maturata in ambito familiare. Si inquadra in questa direzione la notizia che una delle due persone sospettate dalle autorità inquirenti macedoni sarebbe – scrive il giornale – una delle figlie di Amid e Nazmije Pocesta, che sarebbe stata già sentita dal Procuratore di Gostivar.
Le indagini
«Da quello che risulta alla nostra famiglia, la figlia maggiore, Blerta, ha confessato e si trova in galera». Lo ha affermato, all’ANSA, Amir Findo, nipote della coppia trucidata la scorsa settimana in Macedonia. Il parente, che abita a Cordignano (Treviso), ha anche aggiunto che a carico della cugina ci sarebbero numerose prove.
La notizia dell’arresto è stata pubblicata anche su alcuni siti macedoni. In particolare i portali in lingua macedone Zhurnal e Infoskip, citando fonti in lingua albanese affermano che, a ideare e compiere il triplice omicidio – padre, madre e l’altra sorella minore di 14 anni – sarebbe stata B.P. Pocesta (25 anni) la quale, subito dopo il delitto sarebbe tornata rapidamente in Italia con l’altra sorella. Per mascherare il suo gesto, sempre secondo i media macedoni, B.P. – dopo la diffusione della notizia della strage – si sarebbe poi recata a Debar, la località di residenza della famiglia Pocesta nell’ovest della Macedonia al confine con l’Albania, dove sarebbe stata arrestata. Con lei, proseguono i media locali, sarebbero finiti in manette altri due uomini macedoni, uno dei quali quali avrebbe procurato alla donna la pistola del delitto, mentre l’altro avrebbe collaborato all’organizzazione della strage offrendo supporto logistico. Tra le prove che avrebbero raccolto gli inquirenti sulle presunte responsabilità della primogenita Berta sul triplice omicidio, ci sarebbero alcune foto che la ritrarrebbero in Macedonia nelle stesse ore della tragedia. Un elemento che contraddirebbe quanto sostenuto in precedenza, cioè che la giovane si trovasse in Italia nei giorni del triplice omicidio. (Leggo)