«Sulla mia pelle» Il film su Cucchi fa polemica: orari e sale che hanno aderito
Sulla mia pelle, il lungometraggio diretto da Alessio Cremonini con Alessandro Borghi sugli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, esce in sala e contemporaneamente su Netflix. Il film sarà anche oggetto di una serie di visioni gratuite in giro per l’Italia: associazioni, collettivi universitari e spazi autogestiti hanno infatti deciso che i vincoli imposti dal copyright non valgono quanto la necessità di divulgare e informare il pubblico su una storia come quella raccontata da Sulla mia pelle. Così, si è scelto di andare oltre la censura di Facebook e le (legittime) segnalazioni di Netflix che produce e Lucky Red che distribuisce. Alessandro Borghi, intervistato da Repubblica, aveva personalmente sottolineato che “il film racconta gli eventi per far sì che tutti possano farsi un’idea”. Intervistato in occasione della 75esima Mostra del Cinema di Venezia, dove il film sulla storia del ragazzo morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma il 22 ottobre 2009 in seguito alle percosse ricevute nel carcere di Regina Coeli è stato presentato in anteprima nella sezione Orizzonti, l’attore ha parlato di questa storia come di una storia che “doveva necessariamente essere raccontata”. Per questo diverse pagine sui numerosi eventi di proiezione gratuita sono iniziate a comparire su Facebook, perché in tanti sapessero che c’era più di un modo e più di un momento per guardare Sulla mia pelle.
Il Film
Le pagine sono durate poco, il tempo, vale a dire, che il social network imponesse la cancellazione delle stesse su spinta prima di Netflix e poi di Lucky Red. La polemica però era già nata e anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, nel film interpretata da Jasmine Trinca, è voluta intervenire a riguardo, proprio con un post dalla sua pagina Facebook: “Noi non abbiamo voce in capitolo, possiamo forse comprenderne le ragioni ma mi dispiace e non poco”. Tanto è bastato alle associazioni per decidere di confermare gli eventi di proiezione gratuita. Come i ragazzi del collettivo Làbas di Bologna. Ad agosto dell’anno scorso, il loro centro era stato fatto sgomberare violentemente dalle forze dell’ordine: “Làbas non può che essere sensibile alla storia di Stefano Cucchi, come a tutti i casi di abuso di potere da parte della polizia. E la cosa che accomuna i casi di violenza da parte delle forze dell’ordine è che degli stessi si sa ancora poco. Sulla vicenda di Stefano c’è ancora molto da raccontare e c’è differenza tra vedere un film in cameretta da soli o in mezzo a delle persone, in uno spazio con possibilità di dialogo”. Ma non sono solo i centri sociali, la stessa iniziativa è stata lanciata spontaneamente da organizzazioni studentesche, circoli Arci, “non è stata una cosa prettamente di ‘movimento’ se così ancora si può dire, piuttosto un’esigenza sentita da una fetta abbastanza ampia e variegata della società”. Le motivazioni che hanno spinto i ragazzi di Làbas sono state inizialmente “molto genuine. Non ci siamo posti neppure troppi problemi. Poi, creato l’evento su Facebook e viste le dimensioni e la portata che aveva raggiunto la cosa, abbiamo ricevuto la spinta decisiva e ci siamo detti: ‘Facciamolo’. Perché, per la rilevanza che può avere qualcosa di virtuale come un social network, ricevere 24mila interazioni, tra interessati e partecipanti, è sintomo di qualcosa di bello”. Sì, ma proiettare un film gratuitamente è anche violazione di copyright di materiale protetto e con questa motivazione Facebook ha chiesto di cancellare tutte le pagine di promozione degli eventi. “Allora è iniziata una fase abbastanza lunga di interrogazione interna per noi – dicono dal collettivo – ma alla fine le motivazioni originali sono risultate più forti e importanti sono state le parole di Ilaria Cucchi. Crediamo che i discorsi di copyright e diritto d’autore in questo momento non siano il tema principale, a noi interessa che il dibattito su Cucchi vada avanti. Viviamo in un Paese in cui la polizia ha notoriamente compiuto atti riprovevoli e non sembra che nell’immediato futuro si voglia agire per una maggiore tutela del cittadino nei confronti degli abusi delle forze dell’ordine. Noi proietteremo Sulla mia pelle e parleremo di questo. La speranza è che si creino argomenti di discussione, ma probabilmente, terminato il film, ci allontaneremo tutti in silenzio ripensando a quello che abbiamo appena visto”. (Repubblica)