Ragazzine costrette a prostituirsi con riti voodoo: «C’era una donna crudele che ci teneva prigioniere»
I finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, hanno proceduto al fermo di 4 persone, tra cui una donna nigeriana e un cittadino italiano, accusate di appartenere ad un’associazione per delinquere transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione.
L’operazione si è svolta fra Palermo, Napoli, Dervio (Lecco), Bergamo, concludendosi con l’individuazione e la cattura del capo dell’organizzazione – già rifugiato politico – presso l’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo).
L’indagine delle fiamme gialle, coordinate dalla Dda palermitana, ha consentito di smantellare l’organizzazione che operava tra la Nigeria, la Libia e l’Italia, costringendo giovani donne nigeriane – a fronte della promessa di opportunità lavorative nel nostro Paese – ad assumersi un debito di 30 mila euro, quale pagamento del viaggio verso l’Italia e per l’avviamento al lavoro.
Le ragazze – di fatto avviate alla prostituzione – si trovavano in un evidente stato di vulnerabilità psicologica, determinato dalla celebrazione di macabri riti «Voodoo» a garanzia del debito contratto.
Le donne venivano, poi, trasferite in Libia, dove erano costrette a permanere presso strutture di detenzione prima di essere imbarcate alla volta dell’Italia. Dai centri di prima accoglienza in Sicilia, venivano successivamente avviate alla prostituzione, con l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la libertà ed evitare conseguenze per loro e i propri familiari in Nigeria.
C’era una donna «crudele», come la definiscono gli inquirenti, a capo dell’organizzazione criminale smantellata all’alba. Le indagini complessivamente svolte, sotto la costante direzione della Dda di Palermo, hanno consentito di «accertare come i fermati concorressero, sinergicamente e in piena condivisione d’intenti, nel reclutamento delle giovani ragazze in Nigeria, nella loro ‘traduzione’, attraverso il Nord Africa, sino alle spiagge libiche dove, con l’utilizzo dei consolidati canali di migrazione illegale, venivano condotte in Italia e consegnate al capo dell’associazione (una donna nigeriana, T.E. di 35 anni, residente a Palermo)».
Su questo territorio, la «maman» provvedeva ad avviarle forzatamente alla prostituzione, spesso con minacce di morte e percosse, grazie al fattivo contributo di due sodali residenti in Campania e Lombardia, G.P. di anni 26 e G.S. di anni 29.
La «maman» si avvaleva, inoltre, del contributo di un cittadino italiano, G.M. di 78 anno, il quale – con la propria autovettura – si adoperava per la collocazione delle vittime destinate allo sfruttamento presso i luoghi di prostituzione del capoluogo siciliano, promuovendo un servizio «dedicato» di trasporto da e verso i luoghi di sfruttamento. L’anziano fungeva anche da vedetta, segnalando alla «responsabile» l’eventuale sopraggiungere di pattuglie delle Forze dell’Ordine. (Internapoli)