“Preso a bottigliate solo perché sono cinese”. Allarme violenza in Italia per il Coronavirus
«Ho più paura delle persone che del coronavirus. Troppa discriminazione verso di noi che abbiamo la “colpa” di essere cinesi. E andrà sempre peggio se la mia comunità non si decide a denunciare una volta per tutte.
I cittadini cinesi, infatti, preferiscono “testa bassa e silenzio”, hanno paura di ritorsioni e si sentono “ospiti” in Italia, un Paese che in realtà è anche il loro (visto che in molti risiedono sul territorio italiano da oltre 20-30 anni, ndr). Ma adesso basta stare zitta, non si può più tollerare questa situazione». Questo lo sfogo di Elisa, nata in Cina ma da oltre 20 anni in Italia, a Open.
Il primo caso di razzismo che ci viene segnalato è quello verificatosi il 24 febbraio sera, in un rifornimento di benzina a Cassola, in provincia di Vicenza, nel Veneto, dove Zhang, un uomo di origine cinese, è stato preso a bottigliate da un 30enne italiano perché cinese. Questa la sua “colpa”.
«Ero entrato nel bar del rifornimento di benzina per vedere se fosse possibile cambiare con tagli più piccoli una banconota da 50 euro. La barista, però, vedendomi, mi ha detto subito “Hai il coronavirus, tu non puoi entrare!”.
A quel punto un ragazzo, che si trovava seduto all’interno, si è alzato e, dopo aver afferrato una bottiglia di birra che era sopra il tavolo, me l’ha rotta in testa causandomi delle lesioni» si legge sulla denuncia, di cui Open è in possesso, presentata ai carabinieri. «La cosa più grave è che nessuno sia intervenuto per difenderlo» ci spiega una nostra fonte.
Il secondo caso, invece, risale al 23 febbraio quando, in un Despar di Cividale del Friuli, una donna, «spingendo il carrello ha detto: “Ca**o di cinesi, perché uscite e continuate a contagiare la gente? Via via schifosi. Cinesi di mer*a» ci racconta Elisa, che da otto anni gestisce un bar e che, «da quando c’è l’emergenza coronavirus ha pochissimi clienti, con un 70% di fatturato in meno» tra «occhiatacce e battute sgradevoli». Ora, però, «ci sono anche clienti che dicono apertamente “non andate dalla cinese che rischiate il virus”».
«Io per la prima volta, dopo 20 anni in Italia, mi rendo conto che non potrò mai essere considerata italiana. Oggi i cinesi sono come gli ebrei all’epoca» ha aggiunto.
Fonte: open.online.it