“Avverto la sua compostezza, la silenziosa disperazione. Sono sicura che ha le lacrime agli occhi.
Le stesse che ho io, di certo non piene di così tanto dolore ma di estrema commozione verso le tante persone che ci chiedono aiuto in questo drammatico momento.
Io non vedrò mai il suo volto e i suoi occhi, come non vedrò mai il volto delle tante persone che ci chiedono aiuto. Perché noi siamo quelli dall’altra parte del telefono. Noi le persone non le vediamo, le immaginiamo.
Ci penso a questa signora: non ha potuto accompagnare i suoi familiari, non ha potuto salutare per l’ultima volta il papà, non può salutare il fratello e deve salutare la mamma che sta per andare in ospedale da sola. Proprio così, da sola. Nessuno può accompagnarli. Vengono assistiti solo da operatori avvolti da tute e mascherine. Estranei”.
È drammatico il post condiviso da una infermiera del 118 di Parma. Nella sede della centrale operativa le chiamate di aiuto per l’emergenza sanitaria in atto sono molteplici.
Lucidità, sangue freddo, empatia sono ingredienti indispensabili per approcciarsi a questi eventi.
“La mia mamma ha la febbre e fatica a respirare. Abbiamo in casa lo strumento che misura l’ossigeno, segna 85. Mia madre è cosciente. Questa mattina è morto il mio papà per Covid 19 e ho mio fratello in terapia intensiva per Covid 19” sono le parole che arrivano all’operatrice dall’altra parte del telefono.
La milite riflette velocemente: “Signora, anche la mamma con questi parametri deve essere portata in pronto soccorso. Lei è d’accordo ?”.
“Questo è il Covid 19. Questo è uno dei tanti drammi che vivono oggi le persone -riflette l’infermiera a fine turno -. Questa è una delle tante chiamate e riflessioni che toccano a me e ai colleghi. Siamo noi ai tempi del Covid 19. Quelli che siamo e saremo sempre, anche quando avremo sconfitto questo mostro: infermieri di centrale operativa 118.
Per favore, rispettate le norme fatelo per le tante persone che soffrono in questo momento, nel rispetto di chi lavora col cuore”. Fonte: Repubblica.