Le ferite su cadavere coperto di sangue non erano state causate da coltellate. Ma dal tentativo di farlo a pezzi con una sega. La vittima si chiamava Kadmiri Adill, marocchino, 34 anni.
Il gip del Tribunale di Roma ha convalidato il fermo della marocchina di 47 anni. La donna era da poco atterrata in Italia dove si era recata per sfuggire alla cattura. A lei i carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno notificato un decreto di fermo di indiziato di delitto, a firma del pm Fini della Procura della Repubblica di Roma che ha condotto le indagini.
La donna è indagata per omicidio aggravato e occultamento di cadavere. I carabinieri avevano trovato il marocchino, adagiato su una sedia a rotelle e avvolto in due buste di cellophane. Già le preliminari dichiarazioni rese dalla donna in sede di interrogatorio, che si è svolto fino a notte fonda nella caserma dei carabinieri di via In Selci relativamente al decesso del compagno, si erano dimostrate lacunose e non avevano chiarito i motivi né le ragioni per le quali il corpo fosse stato occultato.
L’esito dell’autopsia e degli esami tossicologici ha successivamente evidenziato che la causa della morte del cittadino marocchino, riconducibile alla donna fermata, sia dovuta da avvelenamento causato da un mix di alcool etilico e clonazepam (antidepressivo appartenente alla classe delle benzodiazepine, con alto potere sedativo).
Ma non è finita qui. La donna, è emerso, per sbarazzarsi del cadavere aveva chiesto aiuto a un amico che si era procurato una sega. Il complice della compagna della vittima non è riuscito però a portare a termine il suo intento perché sono intervenuti i carabinieri.
Secondo quanto accertato, in passato tra l’uomo e la donna si erano registrate alcune liti. Dopo la convalida del fermo, l’indagata è finita a Rebibbia.
Fonte: Leggo