Oncologa uccisa dallo stalker che la perseguitava da 10 anni, avrà una via dedicata a lei
Due anni fa Ester Pasqualoni, oncologa di 53 anni, dell’ospedale di Sant’Omero, in Abruzzo, venne uccisa a coltellate da uno stalker che perseguitava da dieci anni e che il medico aveva denunciato sei volte. Il 21 giugno del 2017 Enrico Di Luca, 68 anni, di Martinsicuro, la attese nel parcheggio del nosocomio e la aggredì uccidendola con più coltellate. L’uomo venne trovatao morto dopo quattro giorno nella sua abitazione di Martinsicuro.
Oggi la giunta comunale di Roseto, dove la dottoressa abitava, ha recepito la volontà della Commissione Pari Opportunità e ha formalizzato la richiesta alla prefettura di Teramo di intitolare una strada – tra via Nazionale statale16 e piazza della Repubblica – in memoria del medico ucciso. La delibera è stata firmata per chiedere la deroga al prefetto in relazione alla circolare del Ministero dell’Interno che prevede che «nessun monumento, lapide o altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni». Da qui la necessità di chiedere la deroga. Il sindaco Sabatino Di Girolamo dice: «Quello di Ester Pasqualoni è stato un femminicidio che ha scosso l’intera comunità dei rosetani, e non solo, per le modalità ma anche per le qualità umane della vittima. Era amata da chiunque entrasse in contatto con lei, pazienti e familiari».
Enrico De Luca la seguiva ovunque. «Lui per dieci anni è stato la sua ombra – raccontò un amico della dottoressa -. Ovunque lei si trovasse c’era sempre quell’uomo, conosceva i suoi orari e anche quelli dei figli a scuola».
Di Luca, operaio in pensione che si era reinventato investigatore privato per un’agenzia, si era spinto fin sotto le finestre di casa della dottoressa. Ester, in cuor suo, sperava che prima o poi quell’uomo si fermasse. Lo aveva conosciuto nell’estate del 2005, quando Di Luca portò suo padre in ospedale per delle cure. Tra loro nacque un rapporto di «profonda amicizia», raccontò lei stessa ai poliziotti di Atri, il 24 gennaio del 2014, quando ormai però l’amicizia era diventata un incubo e la donna si presentò in commissariato per depositare l’ennesimo esposto. Arrivò pure l’ammonimento del questore di Teramo, con l’invito esplicito a non avvicinarsi alla dottoressa. E i poliziotti gli sequestrarono un vecchio fucile revocandogli il porto d’armi. Ma l’uomo non smise di avvicinarsi a lei.
Il 5 aprile 2014 l’oncologa telefonò allarmata ai carabinieri di Roseto: «Venite, presto, è passata in macchina la persona che mi tormenta e mi è sembrato che con una telecamera mi stesse filmando». I carabinieri intervennero subito, fermarono l’uomo, sequestrarono la telecamera e trasmisero l’informativa alla Procura di Teramo. Ma nella telecamera non c’erano immagini riconducibili a lei e il caso venne archiviato.
Fonte: Leggo.it