«Niente antibiotico, solo camomilla» Bimbo di 7 anni muore per un’otite
Farmaci e antibiotici vietati. Francesco Bonifazi, 7 anni, per curarsi poteva e doveva usare solo camomilla e altre piante dal potere antinfiammatorio e tachipirina solo in caso di febbre altissima, oltre i 43 gradi. Vietate categoricamente anche le vaccinazioni perché avrebbero potuto compromettere l’efficacia della cura.
Le motivazioni della sentenza con la quale il 6 giugno i genitori di Francesco, morto per una semplice otite all’età di 7 anni, sono stati condannati a tre mesi di reclusione per non «aver esercitato l’obbligo di protezione nei confronti del figlio» sono una lista dei clamorosi errori compiuti dall’omeopata a cui avevano deciso di affidare la cura della salute del bambino.
Il medico omeopata Massimiliano Mecozzi, con studio a Fano, dovrà presentarsi al Tribunale di Ancona il 24 settembre per il processo. Ma la ricostruzione della vicenda contenuta nel documento depositato questa settimana sembra già attribuirgli responsabilità pesantissime.
Come scritto dal giudice per le indagini preliminari Paola Moscaroli, l’otite che ha ucciso il piccolo Francesco poteva tranquillamente essere curata per tempo con dei normali antibiotici. Invece dal 7 al 27 maggio, cioè dai primi consigli omeopatici di Mecozzi (quasi sempre telefonici) fino alla scomparsa avvenuta nell’ospedale di Ancona, al piccolo Francesco sono stati indicati soltanto dei rimedi naturali nonostante il peggioramento costante delle sue condizioni.
Tanti i segnali che avrebbero dovuto far scattare un campanello d’allarme: la terapia naturale non era efficace ma ogni volta che i genitori si consultavano con Mecozzi, lui rispondeva che tutto stava procedendo per il verso giusto e che anche l’ascesso all’orecchio era un presagio di guarigione. «È segno che sta spurgando» aveva detto il medico ai genitori.
Mecozzi non si era allarmato nemmeno quando la famiglia gli aveva descritto un bambino senza appettito, spesso stanco e assonnato, con la febbre stabile oltre i 39 gradi, la testa dolente e il volume della tv tenuto altissimo per la progressiva perdita dell’udito. Il 18 maggio infine, ultima data utile secondo i periti per intervenire con gli antibiotici, aveva accettato di visitarlo, ma non gli aveva neppure alzato il cappellino per controllare il liquido purulento nelle orecchie. Ed aveva rimproverato i genitori per averlo portato a controllo.
La sentenza dà però un giudizio molto duro anche alle azioni dei genitori, ai quali viene contestata tra l’altro la scelta «inadeguata e imprudente» dell’omeopata «come unica figura di riferimento nonostante la rigidità del professionista nell’approccio all’uso di terapie vaccinali e antibiotiche». La mamma e il papà di Francesco non avrebbero mai esercitato «vigilanza e vaglio di attendibilità dell’attività svolta dal medico». E si legge ancora: «Neppure la fiducia riposta nel medico, legittima e giustificata, può escludere un residuo obbligo di protezione nei confronti del minore». Consultare un altro pediatra sarebbe di certo stata una scelta migliore. Federico Gori, l’avvocato della famiglia, già all’uscita della sentenza aveva annunciato che, viste le motivazioni, avrebbe presentato ricorso. (IlMattino)