«Meglio morta che lesbica» Massacrata di botte dalla madre e violentata dal padre per punizione
Aveva solo 15 anni quando i genitori, a cui lei aveva tenuto nascosto tutto, hanno scoperto per caso, tramite alcuni sms, che era lesbica. Da quel momento per lei è iniziato un lunghissimo calvario fatto di violenze fisiche e abusi quotidiani da parte del padre e della madre al grido di “meglio morta che lesbica”, sfociati poi anche in violenze sessuali in casa da parte del genitore. È la terribile storia di abusi che arriva dalla Sicilia dove la vittima, che ora ha 23 anni, ha deciso di denunciare tutto e trascinare i genitori in tribunale appena è riuscita a scappare da quella casa degli orrori dove veniva tenuta segregata.
“Ho tentato il suicidio tre volte ma dopo l’ennesimo abuso sessuale sono scappata e li ho denunciati, ero appena diventa maggiorenne” ha rivelato la ragazza a La Repubblica che ha raccontato la sua storia. “Mi tagliavo i capelli e vestivo maschile. La mia famiglia aveva già capito qualcosa delle mie scelte. Poi, una mattina ho lasciato il cellulare a casa, mia sorella ha letto i messaggi e li ha fatti vedere a mio padre. Quel giorno, sono corsi a scuola a prendermi. Tutti. Mio padre, mia madre, mia sorella e il suo fidanzato. E mentre eravamo in macchina, mi davano botte in testa, nelle gambe, mi davano botte dappertutto”, ha ricostruito la 23enne che ora si è costituita parte civile contro i genitori, che però negano tutto, in un processo per maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori.
Dopo la scoperta dei genitori, l’adolescente era stata segregata in casa e sottoposta a violenze fisiche e verbali tutti i giorni. Il padre e la madre prima di distruggerle il telefono hanno inviato un messaggio a tutte le sue amiche che recitava: “Buttana, lascia stare a mia figlia”. La ragazza più volte ha provato a scappare ma, anche grazie alla complicità di vicini e concittadini che avvertivano i genitori, è stata sempre ripresa e riportata a forza nell’abitazione del Palermitano dove riceveva l’ennesima razione di percosse. Infine le violenze fisiche col padre che, spogliandosi per violentarla, le gridava “Tu queste cose devi guardare, non le donne”.
“Ero ormai a un bivio o la vita o la morte. E ho scelto di vivere e di denunciare i miei genitori. Non è stato facile ma ho avuto accanto a me tante belle persone che mi hanno aiutato a superare i momenti difficili” ha spiegato la ragazza che per lungo tempo stata trasferita in una comunità protetta. Ora che si sta rifacendo una vita ha voluto parlare della sua vicenda perché “è importante raccontare questa storia, perché tante altre ragazze che vivono situazioni simili alla mia non si scoraggino, non pensino mai di farla finita, perché anche loro trovino il coraggio di denunciare”. (Fanpage)