MAZZETTE IN FARMACIA: «Lo puoi avere solo se ci dai un extra». Medicine salvavita rilasciate ai pazienti solo tramite “bustarella”
Se non passavano da loro, tramite ovviamente un lauto pagamento, certi farmaci, magari salvavita, non arrivavano proprio ai pazienti. «Più che le modalità a noi interessa il conquibus… quando il conquibus arriva per noi va bene… tanto per essere pragmatici» diceva uno dei medici intercettati nell’inchiesta che ha svelato un vera organizzazione dedita a sponsorizzazioni per congressi o simposi chiesti alle aziende farmaceutiche con la promessa di utilizzare questo o quel farmaco, concorsi pilotati per assumere candidati già preventivamente individuati e, infine, attività professionale non autorizzata. L’operazione “Conquibus” dei Nas di Parma nell’operazione ha portato all’arresto di due persone, tra cui un luminare dell’ematologia, a nove misure interdittive e complessivamente a 36 indagati. Duecento carabinieri impegnati in sette regioni italiane.
Le indagini
Cuore dell’inchiesta Parma e l’azienda ospedaliero-universitaria. Ai domiciliari sono finiti il professor Franco Aversa, direttore della struttura complessa di ematologia e trapianto midollo osseo del Maggiore di Parma e Paola Gagliardini, amministratrice delegata della Csc srl, centro servizi congressuali, di Perugia. Erano loro i vertici di una organizzazione che assicurava, secondo l’accusa, favori alle aziende farmaceutiche – report positivi o negativi per questo o quel medicinale – in cambio di sponsorizzazioni per convegni e simposi medici e anche contributi economici che finivano direttamente nelle tasche degli indagati. «Ci sono delle aziende che hanno contribuito in maniera sostanziale e altre che non hanno nemmeno risposto – diceva ancora Aversa, il medico parmigiano – quindi è chiaro che devo fare la lista dei “buoni” e dei “cattivi”». Poi anche la minaccia diretta: «C’era un atteggiamento di non apertura, per cui lo dico francamente… questi nuovi prodotti che voi dovete lanciare, qui praticamente non entreranno mai!». Fra gli indagati undici sono professori o dirigenti dell’Università di Parma. La struttura ospedaliera di Parma invece non avrebbe propri dipendenti coinvolti anche se il professor Aversa ovviamente era dirigente di una unità operativa interna al Maggiore. Il rettore dell’Università di Parma, Paolo Andrei, si dichiara «profondamente colpito e attonito» dalla vicenda; assicura collaborazione alla magistratura e ribadisce l’impegno dell’Ateneo «verso la cultura della legalità e il rispetto dell’integrità». (Leggo)