Un senza tetto che vive in una tenda nella zona di Gianturco, alla periferia di Napoli, risultava ‘responsabile’ di un giro milionario di fatture false. L’uomo è uno degli indagati nell’inchiesta che ha portato alla scoperta di una maxifrode fiscale transnazionale: l’organizzazione criminale reclutava prestanome tra persone indigenti, spesso disperate, che per un centinaio di euro accettavano di firmare documenti assumendosi la titolarità fittizia degli affari simulati, allo scopo di evadere l’Iva.
“L’esercito dei morti di fame”, come lo chiamava uno dei componenti della banda, era un elemento chiave nelle attività illecite. Terreno di caccia, come risulta dalle indagini, era per esempio il treno Napoli-Roma dove numerosi venditori di fazzolettini sono stati nel tempo avvicinati e convinti a prestarsi al gioco illecito. Una volta – ha raccontato uno dei prestanome – all’uscita della stazione partenopea c’era già un’auto ad attenderli: nel giro di qualche ora dopo due tappe, prima dal notaio per la costituzione della società e poi in banca per intestarsi un conto corrente, venivano scaricati in strada con un compenso di 100 euro. Altre zone di reclutamento di ‘teste di legno’ erano i bar e i luoghi frequentati da senzatetto e alcolisti.
Nelle maglie dell’organizzazione erano finite anche persone di elevato livello sociale, cadute economicamente in disgrazia: rappresentavano i volti più ‘presentabili’, utilizzati per la titolarità di società fittizie destinate a durare qualche giorno in più rispetto alle altre. L’organizzazione si basava anche sull’apporto di ‘colletti bianchi’ esperti in finanza, per sostenere e modificare la rete a secondo delle esigenze, oltre che di ingenti capitali di provenienza illecita.
Parla il senza tetto
Vive in una baracca sotto un muro perimetrale della stazione di Gianturco, alla periferia est di Napoli. Bruno Improta, 53 anni, è uno degli indagati nell’ambito dell’inchiesta su una maxitruffa fiscale per evadere l’Iva: a lui, che sbarca il lunario raccattando metallo e roba vecchia tra la spazzatura, sarebbe riconducibile un’evasione di 50 milioni di euro. Bruno è uno dei “disperati”, come li chiamavano gli indagati, reclutati per fare da inconsapevoli prestanome. Sul marciapiede dove Improta ha la sua baracca, e dove un altro clochard ne sta allestendo un’altra, tra cumuli di rifiuti e rottami di ferro svetta una bandiera tricolore. All’ANSA racconta come e’ stato avvicinato: “Un giorno si sono presentate due persone che non conoscevo e mi hanno offerto cento euro per farsi dare per poche ore la mia carta d’identità. Poco dopo mi hanno restituito la carta e non li ho visti più. Dopo qualche mese mi sono trovato la Guardia di Finanza davanti alla mia baracca”. “Ho evaso 50 milioni? E chi li ha mai visti tanti soldi. Le pare che se io avessi 50 milioni starei qui? Andrei a vivere in una villa ad Arcore”. Agli agenti della Guardia di finanza che lo hanno avvicinato Improta risponde tranquillo. “Dotto’ io non tengo niente da perdere: ho solo una baracca, tre cani ed un gatto. Contavo di poter avere il Reddito di cittadinanza ma che dite – chiede preoccupato al militare – non e’ che dopo questo guaio me lo posso scordare?”.
Fonte: Ansa