Mario Balotelli si sente una belva. Ma specifica: “Una belva furba. Un uomo”. Non ama le interviste. Però stavolta si è preparato. Parla a Francesca Fagnani. Parla da Mario, non da “Super”. Toglie il mantello da eroe. Rimane se stesso. Diretto. Lucido. Sincero.
Rivendica il suo passato. “Potevo fare di più, ma sono felice”. Non ha rimpianti. È stato esaltato e massacrato. “Mai equilibrio con me”, dice. Balotelli riconosce la sua vulnerabilità. Ma non si sente insicuro. Ride spesso, anche se non sembra. Ha paura degli spiriti. Piange poco. Ma quando lo fa, è per dolore vero. La rabbia lo ha consumato. Ora cammina per calmarla.
Ha ottenuto la cittadinanza italiana a 18 anni. “Troppo tardi. L’ho sofferto”. È nato in Italia, cresciuto qui. Ma si è sentito straniero. L’infanzia? “Un abbandono”. L’affido gli ha lasciato ferite. Il razzismo le ha aggravate. Ricorda la banana lanciata a Roma. Rispose. E non lo rifarono più. Da piccolo, chiedeva se anche il suo cuore fosse nero.
Dal Lumezzane all’Inter. Poi Manchester, poi l’Europa. Ma non si è mai sentito un fenomeno. “Mai”. Ha sempre avuto dubbi. Mai onnipotente. La famiglia lo teneva ancorato. Ricorda il gol alla Germania. “Tamarrata”, dice. Ma sorride. Ai Mondiali 2014 fu il capro espiatorio. “Si gioca in undici”. Alcuni si nascondono, lui ci ha messo la faccia.
Marsiglia è stato il punto più basso. “Depressione. Mi isolavo. Non volevo vedere nessuno”. Aveva pochi amici. Ma veri. Li ha allontanati. Ha fatto terapia. L’ha finita l’anno scorso. “Dovevo iniziarla prima”. Aveva traumi irrisolti. Non dice quali. Ma ammette: “Ho esagerato in passato”.
Odia il paragone con Cristiano Ronaldo. “Lui è stato professionista sempre. Io no”. Ammette la mancanza di costanza. Ma rifiuta l’etichetta di talento sprecato. Difende il suo ruolo nello spogliatoio. Parla di Mancini: “Gli voglio bene”. Di Mourinho: “Peggio di me”. Di Totti: “Mi ha fatto il peggior fallo”. Confessa provocazioni. Ma oggi il calcio è cambiato. “Non puoi più fare niente”.
Rivive le “balotellate”. Il rosso contro il Kazan. I fuochi d’artificio a Manchester. Il motorino nell’acqua. Il battibecco coi poliziotti: “Perché ho tanti soldi? Perché sono ricco”. La maglia gettata dopo i fischi. Ride, poi riflette. Alcune cose le rifarebbe. Altre no. “Ma non mi sono mai nascosto”.
Oggi è innamorato. Ma la situazione è complicata. Ha amato tanto. A volte senza ricevere abbastanza. Non si droga. Non tradisce. Ha vissuto storie sotto i riflettori. Come quella con Raffaella Fico. Ha chiesto il test del DNA. “Lo rifarei”. Fa il padre. Geloso, moderno, presente. Si dà un 7,5. Ora pensa all’America. Forse ha chiuso con i grandi palcoscenici. Ma non con il cuore.
Fonte: La Gazzetta dello Sport
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