Lampugnale presenta il Rapporto PMI Campania

17 Febbraio 2022 - 18:56

Lampugnale presenta il Rapporto PMI  Campania

Piccola Industria Confindustria Campania con i Presidente Lampugnale presentanno studio sulla realtà imprenditoriale campana che si pubblica di seguito.

Scenario 04 La struttura imprenditoriale 05 La performance economico-finanziaria 06 La proiezione internazionale 08 La competitività regionale 10 La fiducia delle PMI campane e l’agenda per il policy-maker 11

Piccola Industria Confindustria Campania 3

Prefazione

A cura di Alessandro Fontana, Direttore Centro Studi Confindustria

Viviamo un momento particolare della storia italiana, con un percorso incerto di uscita dalla pan- demia che necessita di interventi efficaci tanto dal punto di vista delle riforme strutturali, quanto da

quello dell’uso delle risorse che abbiamo a disposizione per rilanciare gli investimenti, pubblici e privati. Per trasformare l’eccezionalità di questo

momento in un’opportunità di sviluppo di medio-lun- go periodo è fondamentale non disperdere le opportunità offerte dal Piano di Ripresa e Resilienza e da un ritrovato

spirito di coesione europea. Il PNRR destina infatti al Sud circa il 40% delle risorse territorializzabili e può essere quindi un elemento dirimente per

interrompere il percorso di bassa crescita che abbiamo alle spalle, a condizione di aver fatto tesoro delle occasioni mancate del passato. Occorre rinnovare le modalità progettuali e decisionali, oltre che

migliorare la propria capacità di utilizzare i fondi che vengono stanziati. Attività per le quali è imprescindibile l’analisi dei fatti, ossia lo studio del

contesto economico e sociale nel quale vengono inseriti gli intervenenti e una valutazione rigorosa, possibilmente in itinere, dell’efficacia degli stessi.

Il Rapporto PMI Campania 2021 rappresenta un passo importante in questa direzione, perché non rinuncia a immaginare il futuro fornendo un insieme articolato di

indicazioni per la politica locale e nazionale, ma lo àncora alle effettive necessità del territorio, accompagnando chi

legge in un approfondimento sempre più dettagliato e variegato della realtà produttiva locale, sistematizzando ed elaborando vari input senza sacrificarne la complessità.

Dopo un’analisi della regione nello scenario macroeconomico, delle sue imprese e delle loro per- formance economico-finanziarie, è dedicato spazio alla

proiezione internazionale del territorio campano e al raggiungimento di indicatori di benessere equo e sostenibile. Emerge il quadro di un tessuto produttivo che si è

flesso sotto il peso della crisi pandemica, aumentando quindi l’indebita- mento e diminuendo il fatturato, ma che ha saputo riprendersi nel corso dello scorso anno, come dimostrano i dati dell’export del 2021 in sostenuto miglioramento.

Considerando poi, in una prospettiva dinamica, le possibilità di innovazione e trasformazione delle imprese campane, il Rapporto mette in luce, anche grazie alle

testimonianze dirette degli imprendi- tori, l’esistenza di forti interdipendenze tra gli elementi che concorrono al loro successo, sia esogeni che endogeni. In

particolare, emerge una forte domanda di miglioramento infrastrutturale – tanto materiale quanto di contesto istituzionale e normativo – ma anche la necessità di guardare all’inter- no delle imprese per

liberare il loro potenziale di crescita, e specialmente ai vincoli che caratteriz- zano le realtà produttive di più piccola dimensione. Particolarmente importante è il

focus dedicato dal Rapporto al tema del capitale umano, individuato come una delle maggiori criticità del sistema regionale; un deficit – comune, peraltro, a tutto il territorio nazionale – che richiede il

coinvolgimento trasversale del mondo delle imprese e delle istituzioni pubbliche e il cui miglioramento è prodromico a uno sviluppo sostenibile dell’Italia.

4 Rapporto PMI Campania | dicembre 2021 | Executive Summary

Scenario

Il 2021 si chiude per l’Italia, per il Mezzogiorno e per la Campan di ripresa dopo la drammatica caduta del 2020. Per la Campania, in particolare, dopo un crollo del Pil superiore all’8%, l’economia dovrebbe risalire recuperando oltre la metà del terreno perduto in un solo anno.

Ancor prima della crisi pandemica, allargando lo sguardo agli ultimi vent’anni, è evidente come la Campania abbia attraversato un percorso di crescita stentata, con un calo duro e prolungato fra il 2008 e il 2014, quando la flessione cumulata del Pil ha superato il 14%.

Dal 2010, i valori assoluti del Pil pro capite campano si sono collocati sempre al di sotto dei valori medi del Mezzogiorno, marcando una linea di divaricazione progressiva da molte delle altre regioni meridionali.

A fine novembre 2021, la Svimez ha rivisto in aumento le sue previsioni. Il Pil delle regioni meridionali dovrebbe crescere del 5% nel 2021 contro il +6,8% del Centro-Nord, confermando tuttavia la minore

reattività del Mezzogiorno agli stimoli dei principali fattori della domanda, in particolare esportazioni e investimenti. Le previsioni per il 2022 indicano un aumento del Pil pari al 4,2% nelle regioni centro-

settentrionali e del 4% nel Mezzogiorno, anche in questo caso mostrando maggiore ottimismo rispetto ai dati di luglio 2021. Allungando lo sguardo fino al 2024, la crescita complessiva per le regioni meridionali fra il 2021 e il 2024 dovrebbe attestarsi al +12,4%, per quasi il 60% effetto delle misure del Pnrr.

Per la Campania si prevede un aumento del Pil del 5,5% nel 2021 e del 4,4% nel 2022, quindi al di sopra del dato atteso per il Mezzogiorno. Sono state invece riviste al ribasso le previsioni sull’occupazione:

alla leggera crescita nel 2021 (0,9%) dovrebbe seguire un maggiore scatto nel 2022, con un +2,8% che collocherebbe la Campania in testa fra tutte le regioni italiane per tasso di aumento (+1,2% nel 2021 e +1,6% nel 2022 per il Mezzogiorno;

+0.5% e +1,5% per l’Italia). Le spese delle famiglie, crollate nella regione dell’11,6% nel 2020, registrerebbero una ripresa significativa, con valori pari al +4,5% nel 2021 e al +4,2% nel 2022, benché al di sotto della media italiana (+5,2% atteso per il 2021 e +4,5% per il 2022).

Le previsioni positive per il 2021 e per il 2022, in termini di crescita dell’occupazione, di ripresa degli investimenti e dei consumi, di recupero delle esportazioni, non dovrebbero far dimenticare la fragilità del contesto

economico, l’impoverimento diffuso, il drammatico calo demografico e la necessità, anche in ragione delle risorse del PNRR, di porre mano con efficacia alle questioni strutturali che ostacolano da decenni i processi di sviluppo delle imprese.

Nell’economia della Campania conserva una posizione dominante l’area dei servizi, con un’incidenza dell’industria manifatturiera sul Pil complessivo che sfiora il 13% a fronte di una media italiana di quasi il 20%.

Piccola Confindustria Campania 5

L’analisi dell’occupazione settorimostra al 2019 una diminuzione significativa degli addetti nelle imprese di servizi, in particolare nel commercio e nei servizi

pubblici. La contrazione occupazionale è stata più marcata a Caserta, mentre Napoli e soprattutto Salerno hanno segnato variazioni in aumento. Permane l’intensità del lavoro irregolare, in particolare nell’industria delle costruzioni, con un dato superiore di 13 punti alla media italiana.

La struttura imprenditoriale

In base ai dati del Censimento permanente dell’Istat, al 2018 operavano in Campania oltre 375 mila unità locali, con il 95,5% di esse sotto i dieci addetti. Un dato

oltre un punto sopra la media nazionale. La quota di unità locali sotto i dieci addetti varia fra il 96,3% della provincia di Avellino e il 95,2% della provincia di Napoli.

Le unità locali riconducibili all’industria manifatturiera in Campania sono quasi 29 mila, distribuite in prevalenza nel settore alimentare, dove agisce oltre il 20% delle

unità locali manifatturiere della regione, seguito dalle fabbricazioni di prodotti in metallo (15,1%), dall’abbigliamento (10,5%), dalla riparazione, manutenzione e

installazione di macchine, dalla produzione di borse e calzature, dall’industria del legno, dai prodotti delle lavorazioni di minerali non metalliferi.

Le unità locali del settore delle costruzioni censite in Campania nel 2018 sono oltre 32 mila, di cui quasi 11 mila operano nella costruzione di edifici e 20 mila nei lavori di costruzione specializzati.

Nei servizi di distribuzione, si contano oltre 100 mila unità locali, ripartite fra commercio al dettaglio (75,2 mila unità) e commercio all’ingrosso (37,7 mila unità).

Oltre 11 mila le unità locali che operano nel commercio e nella riparazione di autoveicoli e motocicli e oltre 5 mila nel trasporto di merci.

Nel segmento degli alberghi e della ristorazione, la Campania annovera quasi 30 mila unità locali, di cui 4,2 mila alberghi e alloggi per vacanze e 25,7 mila servizi di ristorazione.

Nell’area dei servizi di informazione e comunicazione dove si sono registrate quasi 7 mila unità locali, la quota dominante è quella delle attività di produzione di

software e di consulenza informatica e di servizi informatici. Sono oltre 9 mila le unità locali che operano nelle attività finanziarie e assicurative, oltre 10 mila

nelle attività immobiliari, quasi 5 mila nei servizi di supporto alle imprese. Oltre 24 mila sono quelle censite nel settore della sanità e dell’assistenza sanitaria.

Rapporto PMI Campania | dicembre 2021 | Executive Summar

Focalizzandoci esclusivamente sull’industria manifatturiera, si può la leadership dell’industria alimentare e delle bevande in tutte le cinque province della regione, con punte a Benevento e a Salerno, dove la quota delle unità locali supera il 25%. La fabbricazione di prodotti in metallo ad Avellino, a
Caserta e a Salerno riveste un’importanza significativa in termini di incidenza percentuale, così come a Napoli l’industria dell’abbigliamento, seconda alle spalle dell’industria alimentare. Con l’unica eccezione di Napoli, nelle province campane il numero di unità locali censite nell’industria delle costruzioni è sempre superiore a quello registrato dall’industria manifatturiera in senso stretto.

L’analisi dei dati Movimprese consente di riscontrare la buona dinamica imprenditoriale, con tassi di crescita in Campania nei primi nove mesi del 2021 superiori a quelli medi italiani, con stock di imprese registrate che ha superato quota 661 mila, il 10% del totale italiano, con oltre 6,5 mila nuove iscrizioni nel terzo trimestre, in un periodo (luglio-settembre) che tradizionalmente segna un rallentamento di velocità, a fronte di 3,7 mila cessazioni, con un saldo positivo di quasi 2,8 mila imprese che fa seguito a un saldo record di 5.300 imprese registrato nel trimestre precedente. Una crescita più sostenuta si registra a Caserta e, in particolare, a Napoli, dove il tasso di crescita da inizio anno delle imprese attive ha superato il 2%, una velocità doppia rispetto alla media italiana. . Netto è il miglioramento sul fronte delle cessazioni d’impresa per Avellino, Napoli e Salerno, dopo i dati in forte calo del 2020, mentre aumentano a Benevento e soprattutto a Caserta, con oltre 700 cessazioni nel terzo trimestre del 2021.

Allungando lo sguardo all’arco temporale che va dal 2009 al 2021, tuttavia, va segnalata la lenta e progressiva erosione della base imprenditoriale a Benevento – dove si registrano quattro anni con saldi negativi – e ad Avellino.

La performance economico-finanziaria

Attraverso un campione di 14.910 osservazioni basato su un panel di 4.970 aziende costruito ad hoc per Piccola Industria Campania, è stata realizzata un’analisi in profondità della performance economico-finanziaria delle imprese campane nell’arco temporale dal 2018 al 2020, soprattutto per misurare l’impatto esercitato sull’economia regionale dalla crisi pandemica e comprendere con maggior dettaglio l’andamento dei differenti settori produttivi.

Piccola Industria Confindustria Campania

7

Il campione, stratificato in base ai valori assunti dal fatturato e dal totale dell’attivo nel corso del triennio analizzato, è stato composto al 56% da microimprese, al 35% da piccole imprese, all’8% da imprese di medie dimensioni, mentre solo l’1% delle aziende oggetto di analisi è classificabile nel segmento della grande dimensione.

La performance economica delle imprese campane è stata misurata attraverso l’osservazione dei principali risultati e dei ratio di natura reddituale.

L’analisi temporale del fatturato medio aggregato ha evidenziato una significativa riduzione (-5,7%) al termine del 2020, esercizio contraddistinto dalla contrazione macroeconomica causata dal Covid-19, a fronte dell’incremento registrato nell’esercizio 2019. Sono le micro e piccole imprese ad essere maggiormente coinvolte dagli effetti negativi delle congiunture sfavorevoli verificatesi nell’anno, passando da una crescita pari a circa l’8% nel 2019 ad un arretramento di circa nove punti percentuali. La dolorosa contrazione del fatturato ha riguardato, principalmente le aziende di “Servizi di alloggio e ristorazione” (- 46%), e di “Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese” (- 20%). In controtendenza con il dato medio, le imprese operanti nei settori “Fornitura d’acqua”, “Costruzioni” e “Servizi di informazione e comunicazione” hanno invece mantenuto, anche se di pochi punti percentuali, un trend positivo anche nel 2020.

La crescita del 2019 aveva coinvolto tutte e cinque le province campane, con il valore massimo in Irpinia (+ 8,2%). Di contro, mentre nel 2020 le province di Napoli, Caserta ed Avellino registrano un trend negativo (- 10%, – 1,7 e – 6,1%), i territori delle province di Benevento e Salerno mostrano una lieve variazione in aumento.

Analizzando i principali margini reddituali, il Margine Operativo Lordo mostra un trend analogo al fatturato, seppur meno deciso nella variazione negativa del 2020 (-4,3%). Anche, il Reddito Operativo mostra un andamento analogo con una riduzione – tuttavia – di oltre 8 punti percentuali. Anche l’andamento del ROI mostra un trend costantemente negativo nell’arco del triennio esaminato, con un calo accentuatosi nel corso del 2020. In quasi tutti i settori il trend è prevalentemente negativo, con un riferimento particolare al settore delle “Attività per servizi di alloggio e ristorazione” che registra un calo superiore al 9% nel 2020. Anche il ROE presenta un andamento in costante calo, con una riduzione del 4% nel 2019 e maggiore all’8% nel 2020. In realtà, le cause della contrazione dell’indice di profittabilità del capitale investito dai soci devono ricercarsi anche in un processo di ricapitalizzazione delle imprese campane (in risposta, probabilmente, alla crisi pandemica) e, soprattutto, nel deteriorarsi del rapporto tra redditività operativa e costo del debito,

8

Rapporto PMI Campania | dicembre 2021 | Executive Summary

con un conseguente impatto negativo sull’utile di esercizio. Le imprese con sede in provincia di Benevento appaiono le uniche unità con variazione positiva dell’indice in oggetto nel corso del 2020. Guardando i dati dal punto di vista settoriale, invece, in controtendenza, si registra un andamento medio del ROE positivo per le imprese del settore utilities (fornitura di acqua e di energia elettrica) e, ancor di più, per il comparto “Trasporto e magazzinaggio”.

L’analisi sulla struttura patrimoniale delle aziende campane si è poi concentrata su un esame quantitativo e qualitativo delle differenti forme di finanziamento. Il primo importante risultato emerso attiene al ruolo assunto dal capitale netto come fonte di finanziamento. Il valore medio dell’indice di solidità, calcolato rapportando il totale attivo ai mezzi propri, appare infatti in calo nel 2019, per poi assestarsi, nel 2020, attorno ad un valore di otto punti. Il grado di patrimonializzazione delle aziende campane appare dunque in crescita in relazione al totale delle risorse investite. Nel triennio esaminato, l’equity cresce in tutte le province campane e, seppur con significative variazioni nei valori raggiunti, nei diversi settori monitorati dall’analisi. Si registra altresì una crescita costante del valore medio dei debiti verso le banche, con una variazione in aumento media di oltre 600 mila euro nel solo 2020. In termini qualitativi, l’indebitamento a breve termine rappresenta la principale forma di finanziamento (mai inferiore al 70% del totale fonti di terzi). L’analisi inoltre coglie un incremento costante del costo del debito, sino a raggiungere uno spread positivo rispetto al ROI di un punto percentuale, con un conseguente “effetto leva” negativo che ha inevitabilmente abbattuto i risultati netti di esercizio.

L’attivo patrimoniale risulta prevalentemente costituito da risorse a breve termine. L’esame sulla natura degli investimenti effettuati evidenzia, invece, una predominanza delle immobilizzazioni materiali sulle attività immateriali, rivelando al di là delle regole contabili una debolezza delle aziende campane analizzate nei processi di innovazione indispensabili per una creazione di valore che duri nel tempo.

La proiezione internazionale

Il Rapporto ha inoltre approfondito il tema della proiezione internazionale delle imprese campane, analizzando il flusso delle esportazioni. Nel primo semestre del 2021, le esportazioni totali della Campania hanno superato ampiamente la soglia dei 6 miliardi di euro, segnando un +17,1%

Piccola Industria Confindustria Campania

9

rispetto ai dati del primo semestre dell’anno precedente. La crescita, benché mostrando un lieve rallentamento, è proseguita anche nel terzo trimestre, trascinando l’export regionale oltre i 9,6 miliardi di euro.

Nel 2020, la flessione dell’export è stata pari quasi al 7%, con valori più alti registrati nelle province di Benevento, dove si è manifestata una caduta quasi del 18%, e di Avellino (-12,5%). Più contenuto il calo nella provincia con il maggior flusso di beni verso l’estero, Napoli (-8,2%), mentre nel caso di Salerno si è osservato in controtendenza un aumento dell’export manifatturiero del 4%, in larga misura dovuto all’eccellente performance dell’industria alimentare. Nell’export manifatturiero si conferma il ruolo dominante della provincia di Napoli, che copre oltre la metà del flusso di beni verso l’estero. A seguire le province di Salerno e Avellino, che precede di oltre tre punti Caserta. Marginale la posizione di Benevento, regionale.

L’analisi disaggregata per i principali settori industriali offre numerosi elementi di interesse, a cominciare dal rafforzamento del peso dell’industria alimentare, la cui quota sul totale dell’export manifatturiero della regione è salita dal 25,5% al 31% nel 2020. Sul podio, la farmaceutica – anche in questo caso come evidente effetto del Covid-19 – ha superato l’industria dei mezzi di trasporto, passando dal 13,2% al 16,4% del totale, mentre l’export dei settori automotive e aerospaziale è calato dal 18,1% del 2019 al 15,9% del 2020. Fra i settori principali, il tessile-abbigliamento ha perso quasi tre punti di quota, così come gli apparecchi elettrici. Dal confronto fra gli ultimi due anni si evince come solo per alimentare e farmaceutica si possono segnalare variazioni di valore in aumento, mentre per gli altri settori il segno meno è costante, con una caduta drammatica per il tessile-abbigliamento-calzature che arretra del 34,3% e degli apparecchi elettrici, con un export di fatto quasi dimezzato.

Spostando lo sguardo verso le aree di destinazione, si può notare come l’Europa rappresenti ancora il mercato privilegiato, con oltre il 64% di quota, distanziando le Americhe (15,5%) e l’Asia (11,6%). Passando infine ai paesi di destinazione, la Campania vanta quattro mercati con un valore di export che supera il miliardo di euro: gli Stati Uniti, che con l’11% di quota si confermano come la destinazione preferita delle imprese della regione, sopravanzano di poco la Germania (10,8%). Sul podio, al terzo posto, si posiziona la Francia, seguita dalla Svizzera e dal Regno Unito. Questi cinque paesi, nel complesso, assorbono quasi la metà delle esportazioni campane. Nella top ten figurano nell’ordine la Spagna, la Turchia, il Giappone, i Paesi Bassi e la Cina. I primi dieci mercati di sbocco hanno una quota cumulata pari al 63%. I primi 20 nel loro complesso assorbono quasi il 78%.

10

Rapporto PMI Campania | dicembre 2021 | Executive Summary

La competitività regionale

L’analisi della competitività regionale ha analizzato un ampio set di dati, raggruppati in 5 aree differenti: la condizione dei fattori; la capacità di innovazione; il capitale umano; il capitale sociale e la sostenibilità ambientale; la qualità istituzionale. Per la condizione dei fattori di contesto, la Campania è quasi sempre allineata ai valori medi del Mezzogiorno, ponendosi ad ampia distanza dalle medie nazionali e dalle regioni benchmark. I divari tendono a crescere se si pongono sotto osservazione le capacità innovative. Per l’analisi sono state selezionate dieci variabili che coprono ambiti differenti dei processi di ricerca e di innovazione. I dati, con poche eccezioni, convergono nel confermare per la Campania un ampio deficit da colmare. Non mancano, a dire il vero, segnali incoraggianti che provengono soprattutto dal mondo delle imprese.

Il quadro relativo alla formazione e al capitale umano rivela con chiarezza una delle maggiori criticità del sistema regionale, segnando performance non solo lontane dalle medie nazionali ma quasi sempre peggiori dai valori medi registrati nel Mezzogiorno, basti pensare al dato relativo ai giovani Neet, ormai oltre uno su tre in Campania o al tasso di abbandono scolastico. L’analisi sul capitale umano è stata integrata con i dati relativi alla popolazione e agli indicatori demografici, dove sono preoccupanti i tassi di calo, con un’accelerazione negli ultimi anni. Negli ultimi vent’anni, l’età media della regione è cresciuta di 5,6 anni, passando dai 37,7 del 2001 ai 43,3 del 2021. Con l’eccezione della provincia di Caserta, nella regione si è superata la soglia pari a 50 dell’indice di dipendenza strutturale, a indicare il numero di individui a carico per ogni 100 che lavorano. Più variegato il quadro relativo al capitale sociale e alla sostenibilità ambientale, arricchito anche dai dati estratti dal Bes, l’analisi del benessere economico e sociale che l’Istat compie da alcuni anni, che mostra la Campania in ritardo nell’area della povertà e dell’esclusione sociale, del lavoro, dei servizi pubblici, delle competenze scolastiche. Anche nel caso degli indicatori relativi alla qualità istituzionale, la Campania mostra non poche sofferenze: una criticità di contesto confermata dal data-set IQI che la misura attraverso 24 parametri. La Campania è nelle posizioni di fondo classifica, precedendo solo Calabria e Sicilia, ma presentando il peggior dato peggiore in termini di corruzione.

Piccola Industria Confindustria Campania

11

La fiducia delle PMI campane e l’agenda per il policy-maker

L’indagine è stata completata con due approfondimenti resi possibili dalla collaborazione con gli associati di Piccola Industria del Sistema Associativo Confindustriale campano.

Il primo, attraverso una survey condotta via web e realizzata nel mese di novembre, ha consentito di misurare il grado di fiducia degli imprenditori e delle imprenditrici della Campania, oltre ad identificare le principali criticità che ostacolano o rallentano i processi di crescita delle imprese secondo le percezioni dei rispondenti.

Il barometro della fiducia segna valori positivi: il 51% delle imprese prevede di chiudere il 2021 con un aumento del fatturato superiore al 10% e il 23% con un aumento ricompreso fra il 5 e il 10%. Soltanto il 7% si attende una diminuzione di fatturato. Quasi tre imprese su quattro hanno assunto personale, hanno effettuato investimenti, hanno lanciato nuovo prodotti o servizi, mostrando una volontà analoga anche per il 2022, con una punta dell’80% per nuovi investimenti.

Il 43% delle imprese ha dichiarato che: «il 2021 è stato un anno di crescita per la mia impresa, abbiamo rafforzato le nostre posizioni di mercato e siamo pronti a crescere ancora». Infine, sulle criticità del sistema territoriale, la maggioranza delle risposte converge nel ritenere la semplificazione amministrativa, segnalata dal 53% dei rispondenti, come la priorità su cui intervenire, seguita dal potenziamento delle infrastrutture (28%).

Il secondo approfondimento, in due fasi – un primo sondaggio nel mese di luglio a cui ha fatto seguito un focus group nel mese di settembre – ha permesso di identificare le aree di priorità su cui il policy maker è chiamato ad operare per fornire risposte efficaci alle esigenze espresse dalle piccole e medie imprese della Campania:

accelerare il processo volto a garantire la connettività delle PMI e il superamento delle criticità connesse al digital divide;

migliorare e potenziare la dotazione infrastrutturale, con particolare attenzione al sistema dei trasporti;

puntare sulla formazione per rispondere ai nuovi bisogni di professionalità del sistema delle PMI;

snellire la burocrazia e migliorare l’interlocuzione tra soggetti imprenditoriali e PA;

promuovere e sostenere percorsi di crescita fondati su innovazione e internazionalizzazione;

accompagnare le PMI nel processo di transizione ecologica.

Executive Summary Rapporto PMI Campania 2021