La Venezia esoterica sfondo de La Gioconda opera di Amilcare Ponchielli

12 Aprile 2024 - 19:40

La Venezia esoterica sfondo de La Gioconda opera di Amilcare Ponchielli

Una Venezia accoglie La Gioconda

Una Venezia inconsueta e poco conosciuta. Esoterica. Pervasa di magia, religione, inquietudine fa da sfondo a La Gioconda, opera di Amilcare Ponchielli, del 1876, realizzata su libretto di Tobia Gorrio (Arrigo Boito) ed ispirata al testo Angelo, tyran de padue di Victor Hugo.

Rispetto all’originale francese, l’opera italiana si differenzia sotto diversi aspetti, primo tra tutti l’ambientazione che, per l’appunto, è significativamente Venezia e non Padova e poi, soprattutto, per la figura centrale che, come si evince dal titolo, è La Gioconda, donna ambigua e sfaccettata, proprio come la città che la ospita e non Angelo, qui traslato in Alvise.

La dialettica tra bene e male

Tutta l’opera, dalla trama estremamente articolata, è giocata sulla dualità degli opposti, accentuata dalla partitura musicale che, sin dal preludio, impostato su due temi, rispettivamente: il bene – che poi si sviluppa nel tema del rosario e il male – che invece si estrinseca in quello di Barnaba, riassume la dialettica del dramma. Sacro e profano, vizio e virtù, religione e superstizione, che, in un vertiginoso sali e scendi di emozioni e temperature, trovano il loro compimento nella protagonista, figlia devota e amante pronta a tutto, anche all’omicidio.

La Regia di Romain Gilbert

Il regista Romain Gilbert, al suo debutto al San Carlo, seguendo l’idea di restituire l’immagine della Venezia del XVII secolo, vivacizza un impianto mantenuto volutamente tradizionale con trovate brillanti, come il fuoco alla fine del secondo atto o lo sporcarsi letteralmente di terra della protagonista nella scena finale. In una messa in scena dell’opera che tocca le calli, i canali, le piazze nonché i palazzi nobili e fatiscenti di una Venezia affollata di cui rappresenta, restando aderente alla dialettica degli opposti, lo sfarzo e la decadenza.

Per trasmettere l’energia pulsante di un luogo traboccante di vita ma controllato da un governo severo e forte, i cui abitanti, come cantato nel primo atto vogliono “Feste e Pane” ma possono essere condannati a morte nell’arco di un’ora, Gilbert si è avvalso di professionisti con cui aveva già collaborato.

Le Scene, costumi e Luci

Lo scenografo Etienne Plus ha costruito scene sintetiche ma efficaci, in cui elementi particolarmente significativi caratterizzano tutta l’ambientazione, sullo sfondo di pittoreschi fondali dipinti in trasparenza, realizzati con il reparto Scenografia del teatro; il costumista Christian Lacroix interpreta magistralmente l’opera e lo spirito del tempo, con costumi lussuosi e ricercati nei primi tre

atti e, a dir poco essenziali, nell’ultimo, in cui le protagoniste hanno i piedi scalzi. Anche le luci di Valerio Tiberi rispondono perfettamente alle esigenze di regia, accompagnando e sottolineando i movimenti scenici con un’eleganza a tratti sobria o sfarzosa ma sempre incisiva.

Il Seicento e la recitazione

Notevoli i riferimenti alla pittura, sia nella concretezza del quadro dipinto sull’enorme tela che fa da sfondo al terzo atto, sia nel riferimento alla Maddalena Penitente nell’ultimo; quando La Gioconda, interpretata dalla meravigliosa Anna Netrebko, prendendo risolutamente le sorti della sua vita, non può non richiamare alla mente una Maddalena Penitente di Guido Reni.

Da notare anche come il regista sia riuscito a guidare i cantanti in un’interpretazione attoriale convincente, in cui si distinguono scene commoventi e momenti di suspense.

Un’opera poco conosciuta perché difficile da mettere in scena
Nel complesso, bisogna riconoscere che La Gioconda è un’opera poco conosciuta perché poco rappresentata, nonostante la sua trama vivace e appassionante. Una latenza dovuta sicuramente alla sua natura di melodramma teatrale dalle considerevoli proporzioni che, rispetto ad altre opere, in cui magari un solo protagonista regge il dramma, richiede un intero cast di interpreti di primo

livello; dal momento che tutti i ruoli principali, tanto femminili: Gioconda, Laura e la Cieca; quanto maschili Barnaba, Enzo e Alvise si equivalgono e, quindi, esigono interpreti sopra le righe, non sempre facili da mettere insieme.

I magnifici interpreti

A proposito degli interpreti bisogna riconoscere al Teatro San Carlo il merito di aver scritturato alcuni tra i migliori cantanti attivi sulla scena internazionale, in un momento storico delicato, per usare un eufemismo. A partire da Anna Netrebko nei panni della Gioconda che, al compimento del suo trentesimo anno di carriera, si conferma ancora come la miglior soprano a livello mondiale,

con una voce calda, forte, praticamente disarmante ed una presenza scenica mozzafiato. Per procedere con tutti gli altri: Eve-Maud Hubeaux, mezzosoprano, nel ruolo di Laura Adorno, il tenore Jonas Kaufmann in quello di Enzo Grimaldo; e ancora Ludovic Tézier, baritono che si è rivelato un meraviglioso Barnaba, il giovane Alexander Köpeczi potentissimo basso nel personaggio di Alvise e Kseniia Nikolaieva, contralto, nell’importante ruolo della madre cieca.

Per chi ha assistito per la prima volta a quest’opera, arie come quella del Rosario rimarranno per sempre nel cuore.
“A te questo rosario
che le preghiere aduna…
io te lo porgo accettalo,
ti porterà fortuna”.

Il Coro e il corpo di ballo

Per concludere, quello che ha reso ancor più suggestiva e indimenticabile questa Gioconda partenopea, un’eccellenza nel panorama operistico nazionale, è stata davvero la capacità del Teatro di sostenerne la rappresentazione. Impegno assolto grazie anche alle risorse del Teatro San Carlo che vanta un valente coro, composto da numerosi membri, diretto da Fabrizio Cassia; un pregevole

coro di voci bianche, diretto Stefania Rinaldi e un corpo di ballo validissimo, diretto da Clotilde Vayer; in grado di rispondere pienamente alle esigenze sceniche che prevedono l’inserimento nei diversi atti di azioni coreografiche che possono essere lette come dei veri e propri interludi di balletto; tra i quali spicca La danza delle ore, del terzo atto, concepita anche musicalmente dallo stesso Ponchielli come un balletto ottocentesco in piena regola. Il tutto accompagnato da un’orchestra eccellente, diretta da Pichas Steinberg, direttore appassionato e, soprattutto, appassionante.

Info:

Musica di Amilcare Ponchielli
Libretto di Tobia Gorrio (Arrigo Boito) tratto dal dramma ‘Angélo, tyran de Padoue’ di Victor Hugo

Direttore | Pinchas Steinberg
Regia | Romain Gilbert
Scene | Etienne Pluss
Costumi | Christian Lacroix
Luci | Valerio Tiberi
Coreografie | Vincent Chaillet

Interpreti
La Gioconda | Anna Netrebko 
Laura Adorno | Eve Maud Hubeaux 
Alvise Badoèro | Alexander Köpeczi
La Cieca | Kseniia Nikolaieva
Enzo Grimaldo | Jonas Kaufmann
Barnaba | Ludovic Tézier
Zuàne / Un cantore / Un pilota | Lorenzo Mazzucchelli
Isèpo | Roberto Covatta
Un barnabotto | Giuseppe Todisco

♭ debutto al Teatro di San Carlo
♮ Artista del Coro

Orchestra, Coro e Balletto del Teatro di San Carlo
con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Direttore del Coro | Fabrizio Cassi
Direttore del Balletto | Clotilde Vayer
Direttore del Coro di Voci Bianche | Stefania Rinaldi

Nuova Produzione del Teatro di San Carlo in coproduzione con il Gran Teatre del Liceu di Barcellona

(ARTICOLO DI LUDOVICA PALMIERI)