Dietro la notizia dell’isolamento del codice genetico dell’ormai famoso Coronavirus di Wuhan, che ha fatto finora 361 morti e almeno 17mila contagi confermati, c’è anche una ricercatrice precaria. Si tratta di Francesca Colavita, 30enne di origine molisana, che, insieme alle sue colleghe Concetta Castilletti e Maria Rosaria Capobianchi, ha lavorato a ritmi serrati all’ospedale Spallanzani di Roma per ottenere questo risultato applaudito da tutto il mondo. “Sembra strano, ma studiare i virus è stimolante, è una sfida costante, una battaglia in cui stare sempre all’erta. Da parte mia, ho solo fatto il mio lavoro: quello che voglio, devo e mi piace fare. Nulla di più rispetto ai miei colleghi. In questi giorni tutto è amplificato, abbiamo avuto successo, ma la ricerca è questa”, ha detto in una intervista a Repubblica.
“Non c’è sessismo nella ricerca, i problemi sono altri. La ricerca è importante per una nazione, e sarebbe importante fare investimenti a lungo termine per quello che riguarda i lavoratori”, ha continuato la ricercatrice, che è precaria al momento. “Sono sei anni che lavoro per lo Spallanzani, prima con un co.co.co, ora con un contratto annuale. Guadagno sui 20mila euro all’anno”. Da qui l’appello: “L’Italia deve dare più dignità ai ricercatori. Il nostro lavoro non è un gioco: anche la più piccola ricerca è il tassello di un puzzle che porta cure ed effetti. Ma bisogna passare per i piccoli passi, esperimenti a volte molto basilari. Mi auguro che questa occasione possa contribuire a far vedere la ricerca in modo diverso”.
Non è la prima volta che Francesca, originaria di Campobasso, dà il suo contributo alla ricerca. Lo aveva già fatto studiando il virus dell’Ebola, trasferendosi per lunghi periodi in Africa, in particolare partecipando anche a progetti di sicurezza e cooperazione allo sviluppo in Sierra Leone. Dopo essersi distinta nella ricerca sul Coronavirus, è arrivata la promessa dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato: “Colavita sarà stabilizzata, perché rientra nei criteri normativi. Ma queste persone che lavorano nel silenzio per tutti sono risorse insostituibili per tutti noi”.