Titti Petrucci e il mercato dell’alta moda: tra evoluzione e crisi

17 Febbraio 2021 - 17:35

Titti Petrucci e il mercato dell’alta moda: tra evoluzione e crisi

Quando e dove nasce la “Moda”, nello specifico come si è evoluta la produzione nel corso degli anni e quali sono state le cause principali che  hanno innescato la crisi dell’ indotto? 

“La moda passa, lo stile resta! Inizio da questa famosa citazione di uno dei più grandi personaggi della moda di tutti i tempi: Coco Chanel! Il mio tentativo è quello di spiegare a chi non è un addetto ai lavori, cosa s’intende per “filiera della moda” e quanto abbia potuto influire la pandemia su di essa. É doveroso fare delle precisazioni quando si parla di mercato d’abbigliamento, da circa vent’ anni in America, poi anche in Europa, é nato un mercato parallelo al nostro della “famosa filiera”, grandi colossi (sul modello di Zara) ispirandosi ai grandi stilisti, iniziarono ad inflazionare il mercato creando delle “copie” di abiti di alta moda, in tempi ridotti rispetto a quelli canonici, ciò permise il diffondersi delle grandi produzioni “spazzatura”, con un incremento del low cost  e del “fast fashion”, quest’ ultimo fenomeno ha inciso non solo negativamente sull’inquinamento ambientale, ma ha condizionato l’acquirente cambiando il modo d’interpretare il proprio look , con l’acquisto di capi economici ma di pessima fattura e qualità, incentivando così la manodopera straniera,  lo sfruttamento a basso costo e il mercato del nero. L’insieme di questi fattori sommati, sono andati a discapito di un mercato trainante dei grandi stilisti e del “ Made in Italy” che rappresentava il fiore all’ occhiello del nostro paese, oltre ad essere un grande business in tutto il mondo e grande fonte di lavoro per la “ nostra filiera”.

La nostra moda nasce negli anni 50’/60’ con l’alta moda romana e parigina dai grandi couturier (sarti), negli anni 70’si trasforma in industria (uno dei primi a far diventate gli abiti sartoriali “ collezioni” é stato il grande italiano Walter Albini), dando così vita al Made in Italy, il nostro paese vantava di essere al primo posto nella manodopera e nella produzione,  patria di tessuti ineguagliabili sia per qualità che lavorazioni ( la patria era il Macrolotto di Prato, oggi comprato totalmente dai cinesi per produzioni e vendita all’ingrosso di “prodotti spazzatura”). Negli anni 80’ l’industria della moda approda alla borsa internazionale, primo Bertelli fondatore del marchio Prada divenuto poi azionista di Gucci , promotore e sponsor all’ American’s Cup in Nuova Zelanda. Dal 93’, una serie di elementi quali, l’apertura delle frontiere, il disavanzo italiano , la relativa crisi politica, la tassazione elevatissima , il costo esoso della vita e l’inflazione, determinano un lento processo di degrado dell’indotto, fino ad arrivare ai nostri giorni! I colossi delle grandi distribuzioni internazionali iniziarono a prendere il sopravvento costringendo di conseguenza piccole e grandi aziende produttrici italiane o alla chiusura o alla ricerca di manodopera straniera per adeguare i prezzi alle richieste di un mercato sempre più assalito dai colossi del low cost. La filiera della moda é quel particolare indotto che si può paragonare ad una lunga catena fatta di molteplici anelli che devono incastrarsi perfettamente tra loro, dove se cede anche uno solo, crolla il tutto. Essa ha come dirittura d’arrivo le vetrine delle prestigiose boutique multibrands di tutto il mondo, creando posti di lavoro per migliaia di persone,( gli anelli ) e figure professionali oggi addirittura “invisibili “a tutti, governo incluso. Il settore è in una crisi che perdura da anni, acuita anche dalla digitalizzazione, la filiera della moda è stata completamente non considerata e spazzata via dal Covid.

Il prodotto finito è frutto di un accurato lavoro che procede per gradi, dal produttore all’acquirente, quali sono questi passaggi?

“Quando si ammira un bel capo in un’ affascinante vetrina di boutique, c’é una storia a ritroso di perlomeno due anni. Punto di partenza è la scelta della materia prima, tessuto o filato a seconda se si parli di confezione o maglieria. Quindi vengono coinvolte prestigiose fiere di tessuti o filati, operatori ed agenti per promuoverne la vendita ai proprietari di brands con il loro personale addetto. L’ industriale passa all’ordine della materia prima per poter sviluppare la  prima collezione( prototipo) alla quale avranno già precedentemente lavorato stilisti, tecnici e modellisti. La collezione può essere costituita da un numero variabile di capi dagli 80, 100, 200, 300 ed oltre, a seconda del brand. Si passa poi allo sdifettamento del prototipo di collezione, per poi produrne altre a seconda dell’importanza di distribuzione del brand( in passato le collezioni potevano essere anche più di 30). Il loro costo sarà perlomeno triplicato rispetto al capo che poi andrà in produzione, perché verrà tagliato uno per volta ( ad un costo superiore rispetto alla catena di montaggio, dove a una maggiore produzione corrisponde una spesa inferiore) . Un altro passaggio consiste nella consegna delle collezioni agli agenti( distributori in esclusiva per le loro zone di competenza nel mondo); che avviene solitamente grazie alle fiere , sfilate, manifestazioni e riunioni tecniche faticosissime che vengono organizzate durante i weekend, di conseguenza i ritmi lavorativi sono incessanti e mal regolati! In ultimo vengono aperte le campagne vendite ai proprietari di boutiques, l’ agente, anche egli un imprenditore, deve sistemare con le proprie forze economiche show room, collaboratori, bollette, indossatrici, auto, viaggi. Dopo aver studiato , interpretato, sistemato le collezioni ed i relativi tessuti, prezzi, abbinamenti e mood, comincia il massacro della corsa agli appuntamenti”.

Le “campagne vendite” sembrano le più agguerrite, ma che ruolo riveste nello specifico la figura dell’agente?

“Si, “ le campagne vendite” sono veramente massacranti! La figura dell’agente e distributore é una delle meno conosciute ed inquadrate anche a livello giuridico (un assurdo contratto nazionale che più o meno risale ai lontani anni 80). É una delicatissima ed importante figura che ha fatto  il bello ed il cattivo tempo nella storia della moda. Rappresenta quel fondamentale anello di congiunzione e informazione tra il commerciante e l’industriale dei brands, elemento indispensabile ed oggi totalmente ignorato dal governo, la figura dell’agente  oggi purtroppo si tenta di spazzare via, un ruolo che ben conosco perché ancora ricopro e che ha contribuito ad essere quello che sono oggi; molto spesso consulente di boutiques da un lato e dei brands dall’altro. 

Quali considera come le più importanti sfaccettature dell’industria della moda in termini di produzione del capo e le maggiori debolezze legate al fattore “crisi”?

“Sarebbe complicato spiegare le dinamiche cercando di essere sintetici , corse e regole di una campagna vendita al circuito “alto boutique “. In due mesi o poco più (i tempi con la crisi si restringono sempre più ed il lavoro diventa stressante e faticoso) bisogna raggiungere il budget. Un traguardo di fatturato impossibile da raggiungere per innumerevoli motivi tra i quali la paura di non essere pagati, un anno dopo, dai clienti sempre più in sofferenza. Se non si viene raggiunto il budget, ha spesso come pena la disdetta del mandato e possiamo immaginarne le conseguenze. In questo periodo delicato, che prevede l’arrivo dei capi nelle boutiques circa 7/8 mesi dopo, avvengono continui cambiamenti a seconda il trend delle vendite generali: annullamenti, eventuali modifiche del capo in questione. Conclusa la sequela di imprevisti, gli ordini  vengono consegnati e ha inizio, da parte dell’ azienda, il ciclo di produzione con l’approvvigionamento e il pagamento dei tessuti e delle materie prime, ordinate nei mesi precedenti, nella speranza che siano intanto arrivati nei tempi utili. Questo cammino impiega dai due ai tre mesi, fino al raggiungimento della consegna al cliente( boutique)se durante il percorso non ci sono stati per motivi vari (problemi di pagamento, ripensamenti vari )annullamento dell’ ordine in oggetto parziale o totale. Dopo questo lunghissimo iter finalmente i capi sono nelle vetrine. Trascorso un anno dopo la realizzazione del progetto , che compirà il suo ciclo solo dopo altri lunghi mesi in cui il cliente,  dovrebbe pagare, nella buona ipotesi, ossia se non avvengono ulteriori contestazioni o problemi di natura anche giuridica! Soltanto dopo almeno tre mesi dal pagamento l’ agente ha accesso alle sue provvigioni e quindi dovrebbe rientrare dell’anticipo con l’ eventuale guadagno”.

Come le piacerebbe definire la moda? Ritiene che ad oggi abbia mutato il suo “carattere”? L’ emergenza sanitaria in che modo ha influito sul settore già in crisi?

“L’abito veste l’ anima e non solo. Si, la moda é una forma d’arte dinamica che asseconda il cambiamento, un efficace linguaggio comunicativo che ognuno di noi esprime attraverso ciò che indossa. Partendo dalla premessa che la moda é eterna ed indistruttibile e che l’ uomo non nascerà mai vestito. Il Novecento é stato il secolo della moda  per antonomasia, sostanzialmente diversa dal passato, specialmente nella seconda parte con l’ avvento del pret’a’ porter’e del casual (quindi dell’ industrializzazione), con caratteristiche prevalentemente comunicative ed espressive che hanno poi condizionato la nostra società con particolari messaggi. Tornando ai giorni nostri i messaggi più veicolati sono quelli confusionari di moda spazzatura o affare del momento. Le idee circolano anche sui social, verso la massificazione in un mondo che ci vuole tutte copie l’uno dell’ altro, uguali e senza personalità;  dove figure storiche, capaci e acculturate ( sì, perché la moda è cultura, arte, imprenditoria, studio di strategie aziendali e di  conoscenza di mercati)  sono state sostituite da nuove figure senza alcuna preparazione che si improvvisano blogger ed influencer dettando il gusto del momento! La pandemia ha solo accelerato quello che già silentemente stava accadendo, il covid ha improvvisamente creato un’ irreparabile rottura tra il passato ed il futuro, senza però conservare ciò che di buono c’era, nella stragrande maggioranza dei casi, senza dare possibilità alcuna a molte figure importanti, comprese le boutiques , di trasformare i propri ruoli. Io sono per il progresso e la digitalizzazione , ma doveva camminare parallelamente al “reale” e con quello storico circuito che ha donato lustro all’ Italia! Non si costruiscono i grattacieli sulle rovine romane, come non si costruisce un palazzo senza ingegnere e fondamenta”.

Tema del prossimo appuntamento sarà l’impatto della digitalizzazione nel processo evolutivo/ involutivo della moda!