Su una eventuale seconda ondata di contagi da coronavirus “ci sono tutti i presupposti per essere fiduciosi, il più importante dei quali è: combatteremmo contro un nemico conosciuto, questa volta senza farsi trovare impreparati”. Ne è sicuro Alberto Zangrillo, primario dell’ospedale San Raffaele di Milano.
“La comunità scientifica vera comunica da tempo lo stesso concetto: il virus c’è, il virus si sta adattando e sta soffrendo. Anche laddove ha dei ritorni di fiamma, viene affrontato e debellato”. Secondo Zangrillo “dobbiamo incrementare le misure igieniche personali e mantenere le norme prudenziali.
Le limitazioni devono essere coerenti con la realtà osservata in ospedale e nei laboratori delle grandi istituzioni ospedaliere. Il professor Clementi è uno straordinario scienziato; egli ha costruito la sua credibilità in quarant’anni; non in quattro mesi di televisione e mi tranquillizza da almeno due mesi”.
Il primario sottolinea che “nel mondo reale della medicina ufficiale con reputazione internazionale, la cura specifica non esiste. Abbiamo seguito le regole della sperimentazione clinica ottenendo risultati eccellenti.
Ora possiamo dire di avere le idee molto più chiare sulle cure e soprattutto sul metodo per tutelare le persone più esposte e per applicare i protocolli di sorveglianza e terapia tempestiva.
Il gruppo San Donato ha prodotto circa 180 ricerche pubblicate dai differenti settori disciplinari, 126 il solo San Raffaele”. Zangrillo ha commentato ancora una volta le sue affermazioni secondo le quali il virus clinicamente non ci sarebbe più.
“Chi ha la fortuna di poter studiare i dati di 6mila pazienti ha il dovere di comunicare in modo esatto e tempestivo. È quello che ho fatto e ora mi trovo in buona e numerosa compagnia. Le considerazioni di coloro che pontificano per sentito dire infastidiscono relativamente, soprattutto perché il tempo è galantuomo e alla fine la soddisfazione di aver narrato la verità tempestivamente ci ripaga di tutte le insolenze.
Parlo al plurale perché quello che affermo è il frutto del lavoro e delle osservazioni del gruppo ospedaliero con la produzione scientifica più qualificata livello nazionale”, ha spiegato. Il primario nell’intervista ha spiegato di aver “avuto paura e non me ne sono mai vergognato, ho avuto paura per me ma soprattutto per i miei infermieri e i miei collaboratori. Fonte: Fanpage.