Il coraggio di Claudia: “Combatto dolori tremendi con la fotografia, la malattia non vincerà”
E’ una frase di Josef Koudelka, fotografo ceco, ma è anche la frase che chiude il sito internet di Claudia Amatruda: 23 anni, nata a Foggia, studentessa dell’Accademia di Belle Arti. È una brava, Claudia, a immortalare emozioni in digitale o analogico: nel 2015 vince il primo premio nazionale di fotografia “Pane, Amore e Fantasia” del Resto del Carlino, ma soprattutto un’importante borsa di studio che le permetterà di continuare a specializzarsi e realizzare mostre fotografiche e progetti da esporre.
La vita di Claudia, però, non è solo vittorie e soddisfazioni. Quattro anni fa iniziano le sue corse in ospedale e le file di dottori che inizialmente non capivano cosa le stesse succedendo. Ci sono voluti due anni di ricoveri per ottenere una diagnosi semi-definitiva: Neuropatia delle Piccole Fibre, Disautonomia e Connettivopatia ereditaria.
Ad oggi Claudia vive con dolori continui che allevia con tonnellate di farmaci e sedute di fisioterapia. Ma dopo il primo periodo di non accettazione della sua condizione fisica decide di reagire: è nella fotografia che è riuscita a trovare una terapia in grado di andare oltre le medicine.
La fotografia mi sta salvando la vita”, sostiene la studentessa, ed è proprio per questo motivo che ha deciso di intraprendere un percorso terapeutico il cui unico medicinale diventa la sua macchina fotografica. Per fare questo, Claudia ha dato vita ad un crowdfunding per sviluppare un progetto fotografico che vuole concretizzarsi in un libro dal titolo “Naiade”.
Tutto nasce tre anni fa da dieci autoritratti ambientati in piscina, l’unico luogo dove Claudia sta davvero bene. Poi, durante un Master in “progetto fotografico” della scuola Meshroom di Pescara, con l’aiuto del professor Michele Palazzi, arriva il bisogno di trasformare quei piccoli lavori in un progetto vero e proprio. Raccogliere fondi per raccontare la vita della ragazza e al tempo stesso per raccontare la sofferenza di una malattia incerta, degenerativa e senza cura.
Lo scopo di “Naiade”, infatti, è quello di sensibilizzare circa le malattie rare e invisibili, sottolineando l’importanza dell’arte come forma di vera e propria terapia, ma soprattutto quello di sostenere la ricerca per ottenere diagnosi più precise. Attraverso l’analisi dell’intero genoma si potrebbe arrivare con il tempo ad una cura definitiva.
“Cerco di far viaggiare su binari paralleli la mia malattia e la fotografia, perché non vorrei mai che si incontrassero. La malattia mi limita molto, ma quando fotografo spingo il mio corpo oltre quel limite: sono capace di star male per giorni pur di fotografare ciò che ho in testa, senza rinunciare agli impegni presi. La mia testardaggine fa arrabbiare sempre i medici, non sono una paziente facile!”
Attraverso la prima raccolta fondi, ad oggi, ci sono ben 280 copie già prenotate e pronte per essere stampate e spedite in tutta Italia. Il libro “Naiade” uscirà a Marzo di quest’anno, data ufficiale ancora segreta, ma perché proprio questo titolo?
“Il nome del libro deriva dalle Naiadi, che sono le divinità dell’acqua nella mitologia greca. Il loro nome in greco significa ‘fluire’. Queste ninfe si trovano nelle acque dolci e sono dotate di capacità di prevedere il futuro, di profetizzare e di guarire i feriti ed i malati.” (Fanpage)