Il compleanno vuoto di Silvia Romano, dimenticata dall’Italia che doveva riportarla a casa
La verità è un bene prezioso e per questo qualcuno vorrebbe risparmiarla, per questo siamo qui, un anno dopo, a festeggiare il compleanno vuoto di Silvia Romano, rapita in Kenya e poi trasferita in Somalia per perdersi nel gorgo dei rapimenti che piano piano sbiadiscono, quelli che rimangono impigliati nell’abitudine che ci fa digerire tutto: ragazzi ammazzati di botte, giovani studenti martoriati in Paesi stranieri e cooperanti come Silvia. I famigliari che sono costretti a festeggiare i compleanni vuoti dei loro cari me li immagino svegliarsi al mattino armati di scalpello mentre tentano di togliere quella patina che diventa crosta, mentre le mani diventano calli cercando di tenere vivi gli scomparsi, i morti.
Un anno dalla sparizione di Silvia Romano e quelli che dovrebbero dare risposte, perfino quelli che dovrebbero rassicurarci, quelli che dovrebbero sussurrarci che no non finirà così in un buco nero, perfino quelli impudicamente fanno memoria. Siamo il Paese che commemora le storie che non hanno mai finito di raccontare, che è bravissimo a apparecchiare memorie con i bei velluti rossi ma che lascia in ombra il formicaio di quelli che con tenacia lottano, annaspano anche, talvolta sono sul punto di arrendersi e poi continuano a scavare finché non si consumano le dita, la faccia, il cuore.
Se si potessero esprimere due desideri per il compleanno vuoto di Silvia Romano oltre alla sua serena liberazione ci sarebbe da augurarci una luce, una luce leale e dritta, che illumini i tanti genitori di Silvia, di Giulio, le tante sorelle di Stefano che dopo anni possono sperare solo nell’arrivo del prossimo anniversario per trovare una crepa e provare a farsi sentire. C’è una tenacia, nei cunicoli dei persi e dei morti senza giustizia, che meriterebbe un inchino tutte le mattine, una levata di cappello e una mano sulla spalla per dirgli che “si farà tutto il possibile” ma che “tutto il possibile” è quel luogo dove si spinge la disperazione di una madre o di un fratello, mica il “tutto il possibile” che si riesce a contenere nelle dichiarazioni cortesi su carta bollata.
“Silvia è viva e si sta facendo di tutto per riportarla a casa” dissero fonti dell’intelligence italiana lo scorso 30 settembre e quella frase ogni giorno che passa pesa come una lapide. Eppure ogni volta che accade una cosa del genere (augurandosi certo che non ricapiti mai più) ti auguri che almeno si impari la lezione, che la paura e la speranza servano per un’educazione sentimentale che ci renda capaci di sentire il dramma degli altri come se fosse il nostro.
Noi, nel nostro piccolo, possiamo solo soffiare ogni volta che possiamo, con la penna che è il nostro mestiere, i detriti che rimangono a terra dagli scavi dei famigliari affamati. Speriamo che sia l’ultimo compleanno vuoto, Silvia. (Fanpage)