Hacker arrestato dalla Polizia Postale per l’attacco al Ministero di Giustizia aveva le password di 46 pm

17 Ottobre 2024 - 8:29

Hacker arrestato dalla  Polizia Postale per l’attacco al Ministero di Giustizia aveva le password di 46 pm

A inizio ottobre, aveva trafugato l’intera lista degli utenti che utilizzano l’infrastruttura informatica del ministero della Giustizia. Per questo motivo,

Carmelo Miano, l’hacker siciliano è stato arrestato. Inoltre, da quel data-base ha ottenuto i nominativi degli utilizzatori e decriptato le password che poi

ha stoccato in un’area riservata del suo computer. In particolare Carmelo Miano era in possesso, tra Firenze, Perugia e Torino, di ben 46 password di altrettanti

magistrati inquirenti, tra cui anche quelle dei procuratori di Perugia e di Firenze. E’ quanto emerge dagli approfondimenti investigativi eseguiti dalla

procura di Napoli sulle informazioni acquisite e analizzate dagli inquirenti, per la quale il 26enne risulta estremamente pericoloso.

Ai giudici del tribunale dei Riesame di Napoli la procura ha chiesto la conferma della detenzione in carcere per l’indagato. I magistrati del pool

cybercrime di Napoli non escludono connessioni tra l’hacker ed eventuali committenti. E tra gli indizi a sostegno di questa tesi c’è,

tra l’altro, il wallet trovato in suo possesso con diversi milioni in criptovaluta (già sequestrato). La procura di Napoli ha annunciato che è in corso la separazione

degli atti per la loro trasmissione agli uffici inquirenti competenti in relazione alla violazione delle mail dei magistrati che appartengono a diverse procure

italiane. I pm partenopei si sono poi detti contrari con l’attenuazione della misura cautelare del carcere con i domiciliari. Per gli inquirenti

l’imponente quantità di dati sequestrati a Miano, poco si conciliano con la circostanza, sostenuta dall’indagato, che l’unico obiettivo era conoscere

lo stato delle indagini che lo riguardavano. Il movente dichiarato da Miano non corrisponderebbe con quanto emerso dagli approfondimenti

investigativi (che proseguono) e che invece parrebbero sostenere la tesi secondo cui il suo reale obiettivo era vendere i dati. Fonte tgcom24.