Francesco ucciso a 2 anni dalla madre a Torre del Greco: ‘Incapace di agire’, il marito: ‘Un mostro’

15 Maggio 2024 - 20:01

Francesco ucciso a 2 anni dalla madre a Torre del Greco: ‘Incapace di agire’, il marito: ‘Un mostro’

“Quando muore un bambino, la società in primis e la famiglia si devono sempre mettere in discussione: un bambino non è solo di una madre ma è di una madre e di un padre. E se una madre sta talmente male da non essere in grado di occuparsene la responsabilità non è solo sua”.

Per i periti Adalgisa Gamba non era capace di agire, la consulente di parte: ‘La responsabilità non è soltanto la sua’

Punta il dito contro chi non si è accorto delle gravi condizioni psicologiche in cui versava l’imputata, la dottoressa Alessandra Bramante, consulente dell’avvocato Salvatore Del Giudice, legale di Adalgisa Gamba, la mamma che il 2 gennaio 2022, in provincia di Napoli, a Torre del Greco, ha ucciso il suo bimbo di due anni e mezzo, Francesco, convinta che fosse malato, così come lo erano la madre e il padre, quest’ultimo finito in cura in un ospedale psichiatrico.

La donna soffocò il figlio di due anni e mezzo in spiaggia.

Durante l’udienza del 15 maggio, i tre periti nominati dalla Corte di Assise di Napoli, i professori Giuseppe Sartori, Pietro Pietrini e Stefano Ferracuti, hanno spiegato alle parti in causa che la donna era incapace di intendere e volere al momento dell’omicidio e che Adalgisa non può essere ritenuta responsabile della morte di suo figlio.

“Non ha avuto il coraggio di abortire, e l’ha ucciso dopo… è un diavolo, un mostro, che ha ingannato me, mio figlio, e anche i periti” – ha detto il marito di Adalgisa Gamba.

La donna era convinta che il bimbo fosse malato, il marito: ‘É un mostro, non ha avuto il coraggio di abortire’

Durante il processo, più volte e da più parti, è stato sottolineato che non esistono diagnosi in tal senso e che proprio il timore che il piccolo potesse essere malato, affiancato da alcuni sui comportamenti male interpretati, avrebbe innescato ansia, angoscia e infine la psicosi reattiva breve sfociata drammaticamente nell’omicidio del piccolo.

La dottoressa Bramante, che è anche consulente dell’avvocato che ha difeso Alessia Pifferi, qualche giorno fa condannata all’ergastolo, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha voluto evidenziare le differenze tra i due casi ma anche un’analogia: anche in questo caso “la famiglia se ne è lavata completamente le mani, si è dimenticata di queste persone, non si è ritenuta responsabile”.