Eduardo De Filippo e “Il contratto” per non morire

16 Novembre 2020 - 16:10

Eduardo De Filippo e “Il contratto” per non morire

Richiamare in vita i morti.
La promessa miracolosa con cui Geronta Sebezio si assicura la venerazione dei suoi compaesani.
Per godere del beneficio, è perciò necessario firmare un “contratto” un po’ particolare. Infatti nell’accordo il richiedente si impegna, mentre è ancora in vita, a compiere azioni benevole verso i propri parenti. Tra gli atti benevoli, è prevista un’equa ripartizione dell’eredità tra i familiari. Di conseguenza, sarà possibile formare una “catena d’amore” che avrà il potere di far resuscitare il compianto defunto.
«La corrente elettrica siete voi… io sono il filo attraverso il quale passa, la corrente.»
Sono le parole di Geronta ai parenti del defunto – Gaetano Trocina – nel secondo atto. Certo, è di vita nella commedia che si parla. Geronta Sebezio è il bizzarro personaggio, interpretato da Eduardo De Filippo.

Quando un giornalista chiede: «Ma allora, con che cosa resusciti questi morti?», il sedicente taumaturgo risponde: «Con l’amore, con la bontà, con la pietà per il prossimo […]! Voler bene a tutti senza distinzione, amici e nemici e dare, dare, dare. Se mi chiedono il sangue, io mi spacco il cuore e dico: “Serviti!”».

Molto bello, se fosse vero. Peccato che in realtà mentre predica l’amore, il falso guaritore è sicuro che a trionfare siano invece l’avidità e l’odio. Riesce, infatti, a strumentalizzare ogni situazione, risolvendo a proprio vantaggio le liti altrui e accaparrandosi grosse fette di eredità. Ma la sua autorità mistica è salva quando il povero disgraziato di turno si vede destinata – dallo stesso Sebezio – una consistente somma di patrimonio del parente defunto.
Grida così al miracolo.

Il contratto” è una commedia in tre atti, appartenente al gruppo della
“Cantata dei giorni dispari”, scritta, diretta e interpretata da Eduardo De Filippo nel 1967.

Per rendergli omaggio, Rai Cultura propone un ciclo di sue commedie, nel 120° anniversario della nascita.
Il Grande Teatro di Eduardo in tv: in
onda sabato 14 novembre alle 15:55 su Rai5 (canale 23) la versione televisiva del 1981

Nel cast dell’Edizione Televisiva a colori, accanto a Eduardo, ricordiamo Luca De Filippo, un giovanissimo Vincenzo Salemme, Sergio Solli, Gianni Crosio, Luigi Uzzo, Marzio Honorato, Franco Angrisano, Gino Maringola, Angela Luce, Lina Polito, Giulio Farnese, Antonio La Raina, Chiara Toschi, Linda Moretti, Franco Folli. Scene e Costumi di Raimonda Gaetani, mentre le Musiche originali sono di Nino Rota. Produzione realizzata in collaborazione con l’Istituto Luce nei teatri di posa di Cinecittà.

La commedia nasce quando Eduardo è invitato a partecipare alla Biennale di Venezia per la seconda volta, nell’ambito della 26° edizione.
“Il contratto” debutta al Teatro La Fenice nel 1967, con un’eccezionale protagonista femminile, la senza eguali Pupella Maggio. In quel primissimo cast, anche Beniamino Maggio e altri attori giovani come Bruno Cirino, Isa Danieli e Vittorio Mezzogiorno. Lo spettacolo conosce anche una versione tedesca nel 1971.
Dopo la morte di Eduardo, l’indimenticabile Luca De Filippo mette in scena la commedia al Festival di Taormina – nel 1994 – con un’altra grandiosa interprete, Angela Pagano, nei panni della protagonista Silvia Trocina e le magnifiche Scene del prezioso Bruno Garofalo.

L’opera ha come scenario l’ambiente contadino. La storia ruota intorno alla figura di Geronta Sebezio – magistralmente incarnato da Eduardo -, un impostore che sfrutta l’ignoranza delle persone che lo circondano con la promessa di una resurrezione.

Niente a caso in Eduardo. Il nome Geronta suona infatti come un tributo alla tradizione, poiché ricalca quello di un periodico, pubblicato a Napoli nell’800.
In alcuni momenti, il personaggio, grazie anche alla presenza complice del servo, somiglia quasi a un Don Chisciotte che si arma contro l’avidità e le umane meschinità. Ma Geronta Sebezio è ben lontano dalla candida follia del Don Chisciotte. Anzi, persegue il proprio personale tornaconto, facendo ipocritamente uso degli stessi vizi che cerca di contrastare.

In questo c’è una somiglianza di carattere col “Tartufo” di Moliere, come lo stesso Luca De Filippo commenta in un’intervista, perché al pari del Tartufo, «Geronta […] si accanisce e truffa determinate persone, scova all’interno della famiglia i rapporti interpersonali cattivi, duri, in un cui c’è già un interesse “ognuno per sé e Dio per tutti” e lì Geronta riesce a vincere e a truffare, perché ha a che fare con gente che altrettanto vuole truffare e vuole rubare».

Ma è possibile cogliere un’ulteriore parallelismo, tutto napoletano. Il personaggio si rivela anche vicino al carattere della “Monaca fauza” di Pietro Trinchera, di cui Eduardo aveva tra l’altro poco prima curato l’adattamento.

Tuttavia, si fa spazio una teoria poco nota:
Eduardo avrebbe tratto spunto da un fatto di cronaca di quegli anni.

In effetti, per le menti più illustri, non è una novità che vi sia una profonda, poetica commistione tra vita e arte. Non di rado, infatti, per chi è dotato di un certo talento o ingegno, vita e arte riescono ad essere abilmente e meravigliosamente amalgamate, se non addirittura combacianti. Il risultato è di solito un capolavoro o una trovata di utilità comune. Il raggio d’azione si estende e include l’umanità. Ecco che possono crearsi connessioni e – perché no – talvolta anche quella “catena d’amore” che tanto auspica il personaggio di Geronta nella commedia stessa.

A riprova della teoria – nel caso di quest’opera per il genio di Eduardo – , un ritaglio di giornale dell’epoca.
La sua terza e ultima moglie, Isabella Quarantotti, aveva infatti conservato tra le carte la notizia di un incredibile episodio ad Oristano:

LITE TRA DUE FRATELLI, CONVINTI DI SAPER RESUSCITARE I MORTI ! ”. 

Il ritorno in vita dopo la morte è un tema già presente nel Teatro del ‘900.
Ne è un esempio, il “Lazzaro”: dramma poco noto dell’ultima produzione di Pirandello alla fine degli anni ’20. Anche qui, il rapporto tra vita e morte, elemento religioso e sociale si mescolano, attraverso vicende che si consumano in una famiglia borghese del sud. Impossibile non immaginare che avrà avuto una qualche influenza su Eduardo. Pertanto, Pirandello come Eduardo, anticipano questioni amaramente attuali.
Ma anche il riuscire a risultare universale e sempre attuale è prerogativa del genio.


Il tema della morte è particolarmente ricorrente nella rigogliosa produzione eduardiana.
Nello specifico, la lunga sfilata di ritratti che conclude “Il contratto”, mette in scena una sorta di danza macabra per esorcizzare appunto la paura della morte. La stessa scena finale della commedia – nell’edizione televisiva riproposta da Rai Cultura su Rai5 – diventa emblematica dal momento in cui culmina in un’orgia di beni materiali e grettezza spirituale. Un clima grottesco di assoluta desolazione con cui Eduardo ci presenta – come sempre senza sconti o consolazioni – la faccia livida, verdognola (anche i toni della fotografia lo testimoniano),
meschina e mostruosa di un’umanità che non vuole elevarsi al di sopra del vizio e dell’egoismo più infimo.

Significative risultano quindi le parole che Geronta Sebezio rivolge a Gino Maringola nei panni di Giacomino Trocina, quando in una scena del terzo atto gli consegna una valigetta con i soldi:

«Ti ho ridato la vita. […]Che cos’è un uomo senza danaro?
È un corpo senz’anima.

-e ancora (non presente nel testo originale, ma solo nella versione televisiva dell’81)-
Qui dentro c’è il tuo cervello… la ricetta indispensabile per avere sempre ragione».

Diremo ancora una volta che di vita nella commedia si tratta, certo.
Ma quante volte avremo anche noi conosciuto un Geronta Sebezio? Quante lusinghe mascherate possono celarsi dietro false promesse e opportunità di fenomeni da baraccone? Dietro i fuochi d’artificio c’è sempre un cielo più buio.
In fondo, Sebezio non aveva tutti i torti. Perché se nella commedia della vita, qualche volta, si provasse davvero a mettere in atto una di quelle premesse di benevolenza, necessarie per stipulare il contratto, probabilmente ne gioverebbe un’intera comunità. Del resto, è in qualche modo vero che si è eterni solo quando si prova ad amare. Allora diremo che forse l’Eduardo incantatore, nel suo “contratto”, ha sul serio trovato e suggerito una formula magica per non morire più.

https://www.raiplay.it/programmi/ilcontratto
https://www.fondazionedefilippo.it/eduardo-de-filippo/

Marilìa Testa

Da bambina comincio a muovere i primi passi nell’ambiente dello Spettacolo, animata dal “fuoco sacro” di una Vocazione Artistica. Non disgiunte, le passioni per gli studi classico-umanistici, la scrittura e un certo tipo di giornalismo (d'inchiesta e radiotelevisivo). Nata a Napoli, vivo a Pozzuoli, nella terra ardente (per etimologia, ma non solo) dei Campi Flegrei e figlio dei vulcani risulta, un temperamento impetuoso e idealista, sanguigno, viscerale e volitivo che mi guida. Mi piace definirmi una “ricerc-Attrice” per la totale abnegazione e lo spirito da cronista con cui affronto un lavoro, cercando materiale utile, al fine di arricchire un bagaglio personale e la vita interiore di un personaggio da incarnare, in contatto con la mia emotività, incanalando emozioni ed energie, anche sulla scia dei metodi Stanislavskij-Strasberg. Verità e Giustizia come princìpi fondanti e personali motori interiori. Credo fermamente nell'importanza e nella necessità di una libera informazione, anche per far fronte a momenti emergenziali - in periodi di crisi collettiva - con una maggiore prontezza e consapevolezza. Vorrei provare a offrire un servizio di approfondimento culturale, con un focus sul settore Cultura e Spettacolo, nella speranza di una qualche utilità sociale.