È stato l’esame del Dna a inchiodare L. A. , 39 anni l’operatore sanitario dell’Oasi di Troina che ha violentato una disabile affetta da gravissime patologie connesse ad una malattia genetica e che ora aspetta un bambino.
L’uomo ha confessato a conclusione di un lungo interrogatorio. L’inchiesta della squadra mobile di Enna guidata da Nino Ciavola, che ha da subito attivato il «codice rosso», è scattata dopo la denuncia del legale della famiglia della giovane.ù
I genitori, ascoltati dalla squadra mobile, hanno confermato che sarebbe stato il personale della struttura ad informarli della gravidanza della figlia, quando ormai era giunta alla 25esima settimana di gestazione.
All’Oasi, infatti, nessuno si sarebbe accorto della gravidanza ritenendo che, l’aumento di peso della ragazza dipendesse dal fatto che, durante il lockdown, ai degenti era permesso di mangiare di più o a causa dei farmaci.
Dopo decine di audizioni e prelievi di campioni salivari per estrarre il Dna dal personale che in quel periodo accedeva alla struttura, dichiarata «zona rossa dopo il contagio di 162 tra operatori e ricoverati.
Ieri mattina è stato convocato l’operatore socio sanitario, dipendente della struttura di Troina da due anni. L’uomo, che è sposato ha due figli e non ha precedenti, è subito apparso particolarmente nervoso e confuso.
È emerso che sarebbe stato autorizzato ad accedere all’Oasi, in quel periodo, per carenza di personale come operatore socio sanitario proprio nel reparto dove erano stati trasferiti tutti i ricoverati risultati positivi al Covid.
Durante una delle tante notti prestate in struttura, approfittando dell’assenza temporanea dell’infermiere, l’operatore avrebbe violentato la giovane che conosceva da anni.
La confessione al termine di un lungo interrogatorio, mentre continuano le indagini per chiarire ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali responsabilità.