«Digli alla madre che questo sta male». Federico, ucciso a 18 anni dalla polizia senza un motivo
Ferrara. È un tranquillo venerdì sera di fine settembre. Un’auto con un gruppo di giovani si ferma in viale Ippolito, stradone residenziale della città estense. Nel silenzio delle prime ore del giorno uno sportello si apre e dall’auto viene fatto scendere un ragazzo dagli occhi scuri e i capelli corvini. Lo sportello sbatte e la comitiva se ne va. È buio, le tapparelle sono abbassate, le finestre chiuse, per strada non c’è un’anima, ma a vigilare sulla sicurezza notturna c’è una pattuglia della polizia. Federico, 18 anni, appena tornato da una serata al ‘Link’ di Bologna, brillo ma non ubriaco, si imbatte nella volante “Alfa 3”, con a bordo gli agenti Enzo Pontani e Luca Pollastri. Qualcosa nel suo comportamento attira l’attenzione dei poliziotti che lo fermano, comincia una colluttazione due contro uno. Poco dopo chiamano in soccorso la volante “Alfa 2”, con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto, gli agenti diventano quattro, nelle loro mani armate di manganelli, hanno un ragazzo di 18 anni. Alle 6 e 20 sul posto arrivano un’ambulanza, i medici del 118 trovano un ragazzo riverso a terra, con le mani ammanettate, il corpo ricoperto di ecchimosi, il viso stravolto. Federico è morto.
Le indagini
Patrizia e Lino, i genitori, continuano a cercarlo disperatamente al cellulare. Al telefono, ormai in possesso della polizia, dopo svariati tentativi della madre, a un certo punto risponde un agente. Dopo decine di chiamate dal numero registrato con il nome ‘mamma’, sul display appare il nome ‘Lino’, gli agenti rispondono. È il papà di Federico al quale, benché suo figlio si trovi esanime a pochi passi da casa sua, vengono date informazioni vaghe e confuse, tanto da costringerlo a telefonare in Questura. Solo alle 11, cinque ore dopo l’arrivo dell’ambulanza in viale Ippolito, Lino e Patrizia vengono informati di quanto è successo. Si parla di ‘overdose’, ma alla vista del corpo del loro ragazzo, gli Aldrovandi cominciano a temere che a uccidere il loro figlio non sia stata affatto la droga o un malore, ma un brutale, interminabile pestaggio. I segni raccontano di botte violentissime, tanto da spaccare i manganelli, lesioni che non si giustificano con le spiegazioni che medici e poliziotti danno loro. A confermare i sospetti dei familiari di Federico, arrivano poi le testimonianze degli amici che lo hanno accompagnato a pochi passi da casa, la sera del 25 settembre 2005. I ragazzi raccontano che Federico aveva bevuto (poco) e aveva preso qualcosa al ‘Link’, ma era completamente lucido e padrone di sé quando lo hanno lasciato a pochi metri da casa. (Fanpage)