Ventenne decapitato dai suoi familiari perchè gay. La chiamata: “l’abbiamo finito”

12 Maggio 2021 - 22:53

Ventenne decapitato dai suoi familiari perchè gay. La chiamata: “l’abbiamo finito”

Ragazzo decapitato dai suoi familiari perché gay. Orrore in Iran dove un giovane è stato decapitato dai suoi stessi familiari perché omosessuale. Un simile atto barbaro ha suscitato una forte angoscia nell’intera comunità iraniana e non solo, soprattutto per le modalità in cui è avvenuto. La vittima, Alireza Fazeli-Monfared, è stata sacrificata dai suoi stessi familiari per le sue comprovate” depravazioni sessuali” che ancora oggi sono causa di pena di morte nei tanti villaggi attorno a Teheran.

La condanna del suo essere gay e la sentenza di morte della famiglia

Ricordiamo che in paesi come l’Iran, l’Arabia, L’Iraq, l’omosessualità ancora oggi è vista come un profondo tabù da debellare. Infatti,  viene considerata come una delle peggiori “malattie” da combattere in ogni modo dalle stesse autorità islamiche che paragonano i rapporti omosessuali alla stregua di morbi da estirpare con ogni mezzo per fare in modo che altri giovani non ne vengano” infettati”. Non si esagera quando si afferma che in Iran la condizione dell’essere omosessuale viene considerata come blasfema e soggetta a una campagna omofoba senza quartiere. Siffatte considerazioni vennero riprese, rivendicate e sostenute anche dal presidente iraniano Ahmadinejad, il quale affermò all’ONU, dunque in via ufficiale, che in Iran non vi erano omosessuali e che dunque mali quali l’Aids o altre malattie veneree, non potevano
assolutamente esistere nel suo paese d’origine. Queste dichiarazione da parte di un primo esponente politico destarono ovviamente scalpore. Eppure, tutt’oggi,  danno l’ esatta misura del “credo” delle autorità politico/religiose iraniane nei confronti delle comunità gay.

Omosessualità come causa di morte

È ovvio che, sulla base di tali premesse, l’omofobia sia un problema molto presente in Iran, per lo più caldeggiato dagli esponenti politici locali. Gli stessi che se ne guardano bene dal prendere le distanze dai tanti atti di intolleranza nei confronti della comunità LGBTQ comunque presente sul territorio . Atti di violenza che molto spesso si tramutano in una sorta di giustizia “fai da te” che porta alla morte dei malcapitati.

L’omicidio di Alireza come tanti altri nell’antica Persia

Eppure non è stato sempre così. Ricordiamo che l’Iran ha una cultura millenaria derivante dall’antica Persia, per molti culla della cultura medio orientale. “Arte” persiana che è paragonata alle usanze dell’antica Mesopotamia e che sono considerate dai massimi esperti come grandissime espressioni di civiltà del passato. In queste vi regnava tolleranza, fiducia, un apparato giuridico che poneva al primo posto la
sicurezza di un qualsiasi individuo a prescindere dal colore e dal proprio orientamento sessuale. Ma oggi la situazione si presenta in maniera completamente differente. Non sono pochi gli atti di bullismo e di intolleranza che vengono perpetuati ai danni di cittadini inermi, colpevoli di amare persone dello stesso sesso. E questo è il caso di Alireza. La notizia della sua uccisione e della sua seguente decapitazione, dunque
un’ ulteriore deturpazione del suo corpo, c’è stata fornita dalla BBC che si è interessata con dovizia di particolari a questa vicenda. Tramite intercettazioni, si evince che il ragazzo aveva paura della reazione dei suoi stessi familiari di fronte alla sua condizione di omosessuale e per questo motivo voleva scappare dal suo paese.

La tentata fuga

Alireza, una volta avvertita la grande ostilità nei suoi confronti da parte di familiari, si era procurato un biglietto aereo per la Turchia. Ad attenderlo ci sarebbe stato il suo ragazzo pronto a vivere la loro  situazione in uno stato meno rigido e sicuramente ben più tollerante. Ma proprio per queste idee Alireza è stato decapitato da un suo fratellastro e dai suoi cugini che non potevano sopportare che la famiglia dovesse
subire quest’ “onta” indelebile che l’avrebbe macchiata per sempre. Il delitto è avvenuto nelle zone rurali del paese, dove l’omofobia è ancora più marcata e gli abitanti di questi villaggi sono caratterizzati da un odio profondo nei confronti di coloro che sono considerati “diversi”. Sulla base di queste credenze arcaiche, il ventenne Iraniano è stato brutalmente ucciso per soddisfare un “delitto d’onore” . Lo stesso che doveva necessariamente portarlo alla morte.

Leggi arcaiche appoggiate dallo stesso sistema giudiziario

C’è da dire, inoltre, che l’ordinamento giuridico dell’Iran si basa su leggi retrograde, spesso tramandate oralmente, che ammettono persino l’uccisione di un parente . Alireza aveva capito il grande pericolo cui era sottoposto e stava pensando espatriare per essere libero di essere se stesso. Il giovane, fino a quel momento, era riuscito a mantenere nell’oblio la sua condizione di “diverso”. Ma in Iran c’è ancora un
servizio militare piuttosto rigido che ha esentato il giovane dichiarando che tale esenzione fosse comprovata dalle sue “depravazioni sessuali”. Quest’ atto di esenzione è stato messo nero su bianco attraverso la trascrizione di un documento che stato trovato dai componenti della sua famiglia. Precisamente dal fratellastro. Ma questo orientamento sessuale chiaramente improntato sull’omosessualità, e’ punibile con la morte. Il ragazzo cosi non è scampato alla furia omicida che è stata veloce e violenta.

La morte del giovane e le reazioni dei giornali locali

Alireza martedì scorso avrebbe avuto un’ultima conversazione telefonica con la madre, dove si dichiarava preoccupato ma tranquillo nel voler perseguire il suo tentativo di andare lontano. Eppure il suo fratellastro, venuto a conoscenza del documento “chiarificatore”, l’avrebbe convinto a salire in macchina e l’avrebbe portato fuori città dove ad attenderlo c’erano i cugini. Lì i componenti del commando lo hanno ucciso con varie coltellate e infine decapitato, lasciando il corpo sotto un albero alla mercé degli animali. Ciò che ha tradito gli autori di questo efferato omicidio sono state le varie intercettazioni ambientali. In una, il fratellastro ha chiamato la madre in cui le dice che “avevano finito” e non c’era più niente di cui preoccuparsi. La donna però, in preda allo shock, ancora oggi non può credere che suo figlio sia morto ed è ricoverata in ospedale incapace di accettare la sua sorte. Ci sono state reazioni di profondo sgomento da parte delle varie testate giornalistiche locali che hanno puntato il dito nei confronti della Repubblica dell’Iran, ritenendola colpevole dell’omicidio. I media hanno accusato la Repubblica islamica di aver facilitato l’assassinio del 20enne iraniano a seguito della propaganda anti gay di cui si rende protagonista e del suo non condannare questi “delitti d’onore”, lasciando mano libera ad esaltati che credono
di operare nel giusto uccidendo i membri della comunità omosessuale. Inoltre da parte della comunità dei diritti dei gay in Iran, si è levata una grande protesta culminata con la scesa in piazza nella capitale con l’intento di non essere più discriminata e di far sentire la propria voce al mondo.