Stefano Cucchi, la perizia: «Senza quella frattura alla vertebra, sarebbe ancora vivo»
“Nessuno può avere certezze” sulle cause della morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto nel 2009 all’ospedale Pertini sei giorni dopo l’arresto per droga. Secondo i periti nominati dal gip nell’ambito dell’inchiesta bis sulla morte del giovane, Cucchi potrebbe essere morto per un insieme di concause.
L’ipotesi principale in merito al decesso del giovane è la morte improvvisa e inaspettata in un paziente affetto da epilessia. Ma non sarebbe stato questo l’unico fattore determinante. L’ipotesi secondaria è la frattura traumatica sacrale. In entrambi i casi una delle concause è, secondo i periti, la dilatazione abnorme della vescica che avrebbe provocato problemi cardiaci. Un’altra concausa può essere la “inanizione (malnutrizione, ndr) con conseguente calo ponderale”. Ma appunto nessuno, hanno spiegato, può avere certezze.
“Se non ci fosse stata la lesione s4 il soggetto non sarebbe stato ospedalizzato. Cucchi era immobile nel letto e non riusciva più a muoversi per la frattura. Se non fosse stato in questa condizione, non avrebbe avuto una vescica atonica, ma avrebbe avuto probabilmente lo stimolo alla diuresi.
Dunque se non avesse avuto la frattura, Cucchi non sarebbe stato ospedalizzato e probabilmente la morte non sarebbe occorsa o sarebbe sopraggiunta in un altro momento”, ha precisato uno dei periti nominati dal gip durante il processo.
I periti sono stati convocati in aula per illustrare gli esiti del loro accertamento nel processo bis per la morte del geometra che vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali per omicidio preterintenzionale. “C’è un vuoto tra il 21 ottobre di notte e il 22 ottobre 2009 – ha detto il professor Vincenzo D’Angelo, uno dei periti -. Il secondo momento è quello in cui si accorgono che Cucchi era morto; ma non sappiamo cosa accadde in quelle ore”. (Fanpage)