Covid/La solitudine dei medici di base

24 Novembre 2020 - 22:00

Covid/La solitudine dei medici di base

Tra riforme, controriforme, DPCM, decreti, regolamenti ci siamo mai chiesti in che condizioni operano i nostri medici di base?

La presenza di una figura professionale indiscutibilmente indispensabile, tuttavia bersagliata quotidianamente.

Lo stress della pandemia sta facendo emergere enormi criticità camuffate nel tempo, messe sotto il tappetino dell’organizzazione delle ASL.

La pandemia Covid può essere considerata uno stress test per il sistema sanitario inteso sia come sistema centrale sia periferico, ovvero dagli ospedali alla medicina territoriale.

Eppure, la riforma sanitaria del ’78 con la Ministro della Sanità Tina Anselmi, sanciva con le parole: territorio, comunità, vicinanza equità, libertà, dignità la medicina territoriale.

Parole che nel tempo hanno perso forza e lasciato soli i medici di prossimità, i medici di base.

La fragilità più evidente, riguarda la figura centrale rispetto alla vita di ogni cittadino: il medico di medicina generale (MMG).

Da soggetto pressoché inesistente nel panorama mediatico prima della pandemia è divenuto uno dei protagonisti, a volte applaudito come eroe, altre vilipeso al pari di un disertore.

In Italia ci sono quasi 44.000 MMG, con una quota leggermente inferiore rispetto agli standard europei, che eseguono complessivamente circa 500 milioni di visite l’anno con una media di otto contatti per utente.

Il ministero della Salute quest’anno ha invitato tutti cittadini a vaccinarsi contro l’influenza poiché, in un contesto pandemico, ciò costituisce un elemento di protezione individuale e collettiva, ma i vaccini sono arrivati?

Una battaglia combattuta ad armi spuntate, i vaccini mancano sin dal 15 ottobre scorso in alcune zone della Campania, in particolare nell’Asl Napoli 3 Sud.

Una campagna vaccinale iniziata con un mese e mezzo di anticipo proprio per fronteggiare al meglio l’onda lunga della emergenza sanitaria.

Tra qualche giorno, quando si entrerà nel pieno anche dell’influenza stagionale, i sintomi influenzali così come quelli di un raffreddore stagionale potrebbero essere confusi con quelli del Covid.

A subire il ritardo naturalmente sono gli utenti, ma a patire lamentele, dissapori e veemenza sono il front office della medicina territoriale, i medici di medicina generale, filtro tra cittadino e strutture sanitarie.

Cosa più grave è che iniettare il vaccino in questa fase, potrebbe essere controproducente.

Questione tamponi

La Conferenza Stato- Regioni qualche giorno fa ha deciso che i tamponi rapidi possano essere effettuati anche dai medici di famiglie e pediatri.

La posizione dei sindacati lamenta il mancato coinvolgimento in sede di accordo, esprimendo un generale dissenso basato sulla mancanza di spazi idonei – si consideri che gli ambulatori a volte sono troppo piccoli e, spesso, si trovano nell’ambito di condomini con abitazioni private – pesanti incombenze burocratiche aggiuntive, carenza di tempo senza calcolare i costi che da gennaio 2021 saranno gravati dal peso di nuove regole sullo smaltimento ed il trasporto del rifiuto pericoloso, quale a tutti gli effetti è quello risultante dai tamponi.

Già forti le criticità per gestire gli accessi agli ambulatori, evitando assembramenti.

Mal digerite dai pazienti che non lo sono più, a certa “cattiva” informazione, sempre alla ricerca di qualche clic, anziché diffondere notizie corrette e fondate, sobilla l’opinione pubblica rendendo ancora più incandescente il clima.

È il momento della responsabilità e del buon senso!

Ci siamo chiesti quale vita conducono (in termini di qualità) i nostri medici una volta tornati a casa, dopo anche 18 ore di telefonate e visite, quando possibile con esito Covid negativo per la propria, ma soprattutto altrui incolumità di tutti gli utenti.

Il non poter abbracciare i propri affetti, vivere isolati in una “quarantena” perpetua al telefono ed al computer?
Medici trasformati in burocrati con il senso di frustrazione legato al non poter visitare il proprio assistito. Meri compilatori di report, schede e documenti senza in questo trovare conforto di personale idoneo messo a disposizione dall’ASL. Adempimenti per i quali molti medici non sono formati.

In prima linea, senza dispositivi di sicurezza, negati dal parere espresso dalla ragioneria dello stato (sull’emendamento 5.1 al decreto Cura Italia che aspirava a estendere la fornitura dei dispositivi di protezione individuale anche a MMG, pediatri e farmacisti) demandati su base volontaristica, affidata al medico.

Chi è stato vicino ai propri pazienti l’ha fatto mettendo a repentaglio la propria salute.

Dall’inizio della pandemia, la FNOMCeO dedica un ricordo ai medici caduti causa del Covid, numeri delle vittime tra i MMG che crescono di ora in ora.

Quale etica deve prevalere di fronte a uno stato di emergenza? Quella verso l’individuo o verso la collettività? Una risposta efficace al Covid-19 deve riconoscere la tensione tra il dovere di cura incentrato sul singolo – sia esso paziente o il medico stesso come possibile vettore di virus – e i doveri di salute pubblica della comunità esposta alla pandemia.

L’incertezza, sfida al confronto etico su come fare la cosa giusta, quando i doveri o i valori sono in conflitto.

Il Moral distress – la sensazione di non essere in grado di fare la cosa giusta – è prevedibile durante un’emergenza pubblica prolungata.

Qualsiasi sia la lettura che se ne voglia dare – clinica, etica, politica – la risposta pare sembra la stessa: è urgente la necessità di riforma del sistema sanitario.

Il nostro paese – basato sul diritto alla salute per tutti – presenta un sistema di medicina territoriale disomogeneo, che il nostro personale medico non merita.

È necessario migliorare le prestazioni in termini di efficacia ed efficienza, che crei un sistema di continuità tra presidi ospedalieri e territorio. Uniformare il rapporto di lavoro per gli operatori sanitari nei due ambiti.

Una maggiore valorizzazione delle funzioni complessive della medicina generale riconoscendone il ruolo clinico-sociale, di figura di riferimento per le cronicità e le patologie acute trattabili e di “radar” epidemiologico.

Non c’è più tempo per rimandare decisioni sullo status di dipendenza o meno dei MMG con le conseguenti ripercussioni circa diritti e obblighi e un loro rapporto sinergico con il comparto ospedaliero.

Un sistema sanitario più agile e conforme alla prossimità e proattività incrociando esigenze dei pazienti e dei medici.

Per rendere efficiente la rete anche nei territori campani, è opportuno rivedere ruoli, compiti ed obiettivi delle realtà presenti localmente.

Modelli eccellenti a cui ispirarsi ce ne sono molti, fondamentalmente nascono dal confronto tra le parti, dalla risposta a precisi criteri di appropriatezza e di un’attenta comunicazione pubblica, rieducando “tutti” all’utilizzo consapevole dei servizi territoriali.