Coronavirus, prete in ospedale: “Metto il telefono sulle salme e prego con i parenti”

18 Marzo 2020 - 19:38

Coronavirus, prete in ospedale: “Metto il telefono sulle salme e prego con i parenti”

Coronavirus, prete in ospedale: “Metto il telefono sulle salme e prego con i parenti”.

È un aspetto emerso da poco e che spaventa, sia i medici che i pazienti, ma anche e soprattutto i famigliari delle vittime da coronavirus spesso impossibilitate a dare un ultimo saluto ai propri cari.

Lo sa bene il frate Aquilino Apassiti, 84 anni, che dopo essere rientrato dal Brasile dove ha trascorso anni, è stato chiamato dall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per svolgere un compito di profonda umanità: dare conforto ai parenti delle vittime.

Nel nosocomio, ormai saturo di pazienti, sono tante le persone che non ce la fanno ed enorme è l’affetto di cui hanno bisogno i famigliari in questo momento e così il missionario diventa un tramite prezioso e spesso si ritrova a vivere situazioni drammatiche: sono tanti i parenti dei defunti che lo chiamano per dare un ultimo saluto ai propri cari e pregare insieme.

“L’altro giorno una signora, non potendo più salutare il marito defunto, mi ha chiesto di poggiare il telefono sulla salma – ha spiegato fra Aquilino – ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono.

Si vive il dolore nel dolore, è un momento di grande prova”. Il missionario, intervistato da InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei, ha però precisato che tutto si svolge rispettando le norme di sicurezza: nelle ultime settimane le cose sono molto cambiate “non posso più vedere di persona i malati e soprattutto coloro che sono in dialisi; ma rimango sulla porta della stanza: lo faccio perché se i pazienti non mi vedono, pensano che io sia stato contagiato.

La maggior parte del tempo la passo nella cappella dell’ospedale a pregare”.

E poi l’accenno a quella dottoressa del reparto di cardiologia che spesso la sera lo raggiunge della cappella dell’ospedale per pregare insieme. “Io piango spesso con i parenti – continua il frate – c’è un dolore nel dolore nel non poter salutare i propri cari per l’ultima volta”. È una prova molto dura quella che stiamo vivendo.

E noi dobbiamo stare vicino a queste persone e cercare di dare loro un po’ di serenità.

Nel racconto di fra Aquilino c’è anche un pensiero verso i medici che a volte sono costretti a dire l’ultima preghiera dinanzi ai malati, quella che i sacerdoti non possono dare perché impossibilitati a entrare nei reparti.

È una tragedia senza fine quella che sta colpendo la città di Bergamo e la sua provincia, colpite da quasi 4mila casi di covid-19, che piangono quasi quattrocento morti dall’inizio dell’emergenza coronavirus.

Gli ospedali cittadini hanno finito i posti nelle terapie intensive, le agenzie funebri non riescono a rispondere a tutte le chiamate.

Per le famiglie allo strazio della perdita si somma quello di non poter dare l’ultimo saluto ai defunti. Sono tantissimi i funerali in forma privata che si stanno svolgendo in queste ore.

Il sindaco Giorgio Gori ha denunciato che molte sono le persone che muoiono in casa. (FanPage)