“Sono libero, sono finalmente libero”. E’ con un grido di gioia che Giananagelo Pesavento, 53enne immobiliarista di Cortina d’Ampezzo (Belluno), dà a Tgcom24 la notizia del secondo tampone negativo che lo libera dalla quarantena dopo 72 giorni.
La comunicazione, attesa dal 12 maggio, gli è appena arrivata e la prima cosa che ha fatto, uscendo dalla casa dove era in isolamento dall’8 marzo, è stata andare a prendere un caffè al bar e recarsi immediatamente in ufficio. “Mi sono alzato dalla scrivania che era inverno e ora mi rimetto al lavoro che è estate. Tutto perché il sistema non funziona”, dichiara a Tgcom24.
Ha appena ricevuto il lasciapassare per tornare alla sua vita. Come si sente?
“Per festeggiare ora non c’è tempo, devo tornare al mio lavoro. Pensi che mentre ero ai ‘domiciliari’, positivo e asintomatico, in attesa dell’esito del secondo tampone, nel mio ufficio ho dovuto far andare mia madre, 81 anni, e mio padre, 86, sopravvissuto al coronavirus dopo 17 giorni di ospedale. E ora mi ritrovo qui con oltre 200 mail da leggere e il telefono che squilla in continuazione, clienti e amici”.
Ma cosa è successo, a tal punto che ha dovuto anche presentare un esposto in Procura dalla sua quarantena?
“Mi sono ritrovato da solo, abbandonato, senza la possibilità di parlare con un medico che potesse dirmi cosa mi stava succedendo dopo 7 tamponi, due dei quali negativi. Se sono malato – chiedevo – curatemi, altrimenti liberatemi, perché ho necessità di riprendere il mio lavoro. Per disperazione ho chiesto anche di essere sottoposto a cure sperimentali, di essere oggetto di studio”.
E alla fine?
”Mi è stato risposto che nell’Ufficio Analisi di Padova, dove veniva analizzato il secondo tampone che doveva darmi il via libera, c’era stato un problema con gli estrattori. Ma dopo la mia denuncia, finita anche sui giornali locali, finalmente è arrivato l’esito”.
Lei è anche un operatore volontario del 118: come ha gestito la sua quarantena da positivo asintomatico?
“Dopo le prime linee di febbre dell’8 marzo mi sono messo subito in autoisolamento. Mi sono messo paura, arrivavo da un weekend di Carnevale molto affollato qui a Cortina, si parlava di coronavirus ma non si sapeva molto, anche noi soccorritori purtroppo operavamo senza troppi dispositivi di protezione e non volevo mettere in pericolo eventuali pazienti durante i miei turni di notte. Mi ha visitato il mio medico di base, avevo sintomi leggeri, si pensava a un’influenza; poi 4-5 giorni di tosse e, passato tutto, mi sono sentito guarito, ma il tampone effettuato era positivo al Covid-19. Da qui l’inizio di un incubo, mentre mio padre finiva grave in ospedale”.
Un incubo che è sfociato in denuncia.
”Il sistema non ha funzionato: se ero positivo voleva dire che ero ancora malato, ma nessuno mi curava. Chiedevo un medico, chiamavo tutti i numeri dal 1500 a quelli della Usl di Belluno, ma mi veniva solo risposto di attendere. E rimanevo in un limbo, con una stagione economica del tutto compromessa per me; una rete di amici che mi ha sostenuto per tutte le necessità e i volontari della protezione civile che mi chiamavano tutti i giorni per conoscere la mia temperatura. Lo hanno fatto anche stamattina. Ma io volevo essere curato, volevo sottopormi anche alle cure sperimentali del plasma. Su questo, silenzio assoluto, finché non ho scritto anche a Zaia e ai carabinieri per sbloccare la mia situazione e ricevere finalmente oggi l’esito del tampone del 12 maggio”.
Fonte: tgcom24