Coronavirus, l’Oms sugli asintomatici: “Ecco come trasmettono il virus, è raro”
L’impatto degli asintomatici nella diffusione della COVID-19, l’infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, sembra essere decisamente inferiore rispetto a quanto ipotizzato da alcuni scienziati. La trasmissione della malattia da parte di chi non manifesta sintomi, infatti, sarebbe un’eventualità “rara”.
A sottolinearlo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), durante un briefing con i media tenutosi tenutosi a Ginevra. “Dai dati in nostro possesso, sembra ancora raro che una persona asintomatica trasmetta effettivamente a un altro individuo”, ha dichiarato l’epidemiologa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’OMS per la risposta al coronavirus e a capo della task force per le malattie emergenti e le zoonosi (quelle trasmesse da animali).
La scienziata americana, che lavora per l’OMS dal 2017, ha sottolineato che l’organizzazione sta ricevendo molte segnalazioni dai Paesi che stanno tracciando in modo certosino i contatti dei pazienti positivi, compresi quelli definiti asintomatici, e i dati raccolti non stanno rilevando una trasmissione secondaria da questi ultimi.
“È molto raro, e gran parte di questo fenomeno non è descritto in letteratura. Siamo costantemente alla ricerca di questi dati e stiamo cercando di ottenere maggiori informazioni dai Paesi per rispondere definitivamente a questa domanda. Sembra ancora raro che un individuo asintomatico trasmetta effettivamente l’infezione”, ha ribadito la specialista.
Nel recente documento “Advice on the use of masks in the context of COVID-19” pubblicato dall’OMS si citano alcuni studi in cui sarebbero stati verificati contagi da asintomatici, ma i dati sono poco puliti e coinvolgono un campione molto limitato.
In precedenza si supponeva che gli asintomatici giocassero un ruolo molto più significativo nella diffusione dell’infezione, ma spesso si è fatta confusione con i cosiddetti pre-sintomatici.
Secondo lo studio “Temporal dynamics in viral shedding and transmissibility of COVID-19” pubblicato sull’autorevole rivista Nature, circa il 44 percento dei casi esaminati è stato infettato da persone presintomatiche, cioè positive ma prima che sviluppassero sintomi come tosse, febbre, problemi gastrointestinali e altre condizioni associate all’infezione.
La capacità di infettare di questi soggetti partirebbe da 2 a 3 giorni prima della comparsa dei primi sintomi. Secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) statunitensi, circa il 40 percento della trasmissione della malattia starebbe avvenendo prima che le persone si sentano effettivamente male.
Fonte: Fanpage.it