Camorristi scarcerati in Campania: festa in piazza con fuochi d’artificio e neomelodici

3 Novembre 2019 - 11:03

Camorristi scarcerati in Campania: festa in piazza con fuochi d’artificio e neomelodici

Camorristi scarcerati in Campania: festa in piazza con fuochi d’artificio e neomelodici

Fuochi d’artificio, musica neomelodica, folla in strada. La scena di giovedì scorso, nella zona popolare dei «600 alloggi» a Monterusciello, è un deja vu senza fine. Affiliati e boss di camorra tornano a casa dopo la detenzione e il clan fa festa nel quartiere. Rito e messaggio, che poco ha di folkloristico. Come a dire: siamo tornati, le cose sono come prima, vediamo chi c’è e chi ci è rimasto «amico». Fidelizzazione del quartiere, che si fa acquiescente per paura e, a volte, anche per interesse.

Il 9 ottobre scorso, è successo a Ponticelli. Per un errore procedurale sulle intercettazioni, furono scarcerati 13 affiliati del clan Casella arrestati qualche giorno prima. I fuochi d’artificio li accolsero al ritorno a casa. Un segnale di impudenza e sberleffo agli inquirenti. A luglio, il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, diventato riferimento di segnalazioni di illegalità napoletane, denunciò i fuochi di artificio tra Santa Chiara e Mezzocannone per una scarcerazione. «Inaccettabile» commentò. Ma chi vive nell’area del centro storico, a ridosso dei Quartieri spagnoli, del Pallonetto, o anche nei quartieri flegrei e occidentali, non di rado ascolta esplosioni di fuochi d’artificio. Spiega un inquirente: «Sono saluti dei clan a chi torna a casa dopo una scarcerazione, ma anche festeggiamenti per consegne o vendite redditizie di partite di droga. Sono manifestazioni di camorra».

Non è fenomeno nuovo, semmai di diverso ci sono i video e le riproduzioni postate su Facebook o Youtube, come dimostrazione ulteriore di onnipotenza. Tre anni fa, i fuochi d’artificio festeggiarono anche un arresto. Accadde a Cavalleggeri, la zona di Bagnoli ormai preda di clan agguerriti da quando non c’è più l’Italsider. Erano segnali tra clan in lotta: l’arresto di Felice D’Ausilio fu celebrato dai «nemici» del clan Giannelli. Non solo esultanze per scarcerazioni, ma anche per un rivale detenuto.

Ciro Niglio, oggi 29enne, affiliato del clan Cuccaro nell’area occidentale di Napoli, descrisse l’importanza delle feste pubbliche per il controllo del territorio, come quella dei Gigli di Barra. Dichiarò: «Nella festa del 2010, Ciro Abrunzo, detto ‘o cinese, ammazzato nel 2012, regalò il cantante Alessio al giglio Insuperabile. Il cantante corrispondeva solitamente una quota del suo cachet al clan degli scissionisti. Ricordo che nel 2010 Alessio e Babà cantarono una canzone dedicata alla madre e alla sorella di Angelo Cuccaro».

Neomelodici ad allietare le feste gestite dai clan, idoli di molti e spesso nati nel quartiere, come Alessio che è di Ponticelli. Dichiarò un altro pentito, Luca Menna del clan Amato-Pagano di Secondigliano: «Tutti i clan della camorra investono in alcuni cantanti neomelodici, regalando loro soldi, invitandoli alle feste di piazza organizzate nei quartieri controllati, sino a pagare la registrazione dei cd».

L’ostentazione pubblica è stata sempre una caratteristica dei clan di camorra. Un rimarcare potere economico e spavalderia sui controlli. Nel 1992, ai Quartieri spagnoli fu montato un palco in legno per l’esibizione dei cantanti che avrebbero dovuto salutare Carmine Petrillo e Tommaso Esposito, due imputati per l’agguato mortale al night club San Francisco di piazza Municipio, oggi chiuso, nella faida tra i clan Mariano e Di Biasi. Brindisi e champagne a fiotti tra Largo Baracca, vico Lungo San Matteo e Trinità degli Spagnoli.

Un fenomeno dimostrativo, sia del controllo del consenso sia della propria forza, che fu ben descritto nel 1986 dal giudice Corrado Guglielmucci, magistrato che si occupò dei quartieri-Stato cittadini influenzati da famiglie camorristiche: «I governati, oltre al benessere economico chiedono una direzione ideologica. Questa loro ulteriore domanda è soddisfatta da rituali collettivi, posti in circolazione dalla famiglia-governatorato: feste collettive per le assoluzioni e le scarcerazioni, organizzazione della tifoseria per le squadre di calcio, celebrazioni di funerali per i notabili, presepe di quartiere, e altro».

È l’imposizione di una «omogeneità culturale» e di controllo territoriale anche attraverso manifestazioni che diventano occasioni per verificare chi sta dalla propria parte, chi è in sintonia con l’influenza del clan pur non essendone affiliato. Quando i fratelli Giuliano, diventati poi tutti collaboratori di giustizia, erano egemoni a Forcella, divennero maestri in questo particolare «controllo ideologico». Lovigino scriveva canzoni, anche per cantanti neomelodici, e quando il 30 aprile del 1990 organizzò il matrimonio della figlia Gemma al ristorante «Le Cascine» di Posillipo, volle 30 camerieri e 10 hostess per 500 invitati. In quell’occasione, alla festa si esibirono Wess e Mirna Doris, presentati da Enzo Berri.

Feste, farina intrisa di sangue e forca per i «nemici». I clan della camorra di Napoli e provincia e la loro subcultura. Scrisse sette anni fa lo scomparso Amato Lamberti, tra i primi a introdurre all’Università un insegnamento sulla storia della camorra: «Molti affiliati posano a manager di spettacoli, con una loro scuderia di cantanti e utilizzano questi strumenti per controllare il territorio e fare affari, diventando egemoni nelle feste di piazza nel quartiere, organizzate per ragioni e occasioni diverse». Un’altra faccia dei clan.

Fonte: ilmattino.it