Tenevano segregato in casa il figlioletto di 11 anni, senza letto e in una stanza al buio, lasciandogli sul pavimento un secchio per i bisogni e picchiandolo con un tubo: dal 29 giugno scorso, giorno in cui mamma e papà del ragazzino sono stati arrestati per sequestro di persona e maltrattamenti, per la prima volta hanno rotto il silenzio, parlando e raccontando la loro versione dei fatti per spiegare il perché dei loro comportamenti.
La madre, una donna di 45 anni, ha parlato a lungo con i due magistrati della Procura di Tempio, Luciano Tarditi e Laura Bassani, scrivono i quotidiani L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna. Un racconto choc quello fornito dalla madre, la cui posizione si starebbe differenziando da quella del marito 47enne. «Non riuscivo più a fronteggiare la situazione, non sapevo come correggere i suoi comportamenti», avrebbe dichiarato la mamma, difesa dall’avvocato Alberto Sechi. I due magistrati coordinano le indagini affidate ai carabinieri, i primi ad essere intervenuti in quella abitazione in Gallura per liberare il minorenne dopo che lui stesso aveva chiamato il 112 chiedendo aiuto (i genitori erano andati a cena a Porto Rotondo e lo avevano rinchiuso).
La mamma ha ammesso le proprie responsabilità, fornendo una sorta di confessione. È stata lei a chiedere di essere interrogata: «La mia assistita si è messa a disposizione dei magistrati, vuole collaborare», ha spiegato il legale. Segregare il bambino in quella stanza buia, colpirlo con un tubo di gomma con l’anima in rame dietro le ginocchia, infilarlo sotto la doccia gelata, erano – a detta della donna – mezzi per ‘correggere’ i comportamenti di un figlio che lei non riusciva più a gestire. Il padre, però – sempre stando a quanto trapelato dalle dichiarazioni – non era d’accordo con quei metodi. I genitori non avevano parlato con nessuno di quello che stavano facendo, per paura che venisse tolto loro il bambino. Solo dopo l’arresto, la mamma si è resa conto della gravità delle sue azioni.
fonte: Leggo