Bimba torturata dal patrigno, la madre: “Non sono complice, ora lo odio. È un assassino”

16 Febbraio 2019 - 11:45

Bimba torturata dal patrigno, la madre: “Non sono complice, ora lo odio. È un assassino”

Bimba torturata dal patrigno, la madre: “Non sono complice, ora lo odio. È un assassino”

Sara Nanni si affaccia alla finestra della casa di Genzano dove viveva con Federico Zeoli. La giovane mamma della bimba di due anni ricoverata in prognosi riservata al Bambino Gesù di Roma, dopo che il compagno l’ha massacrata di botte, parla con i giornalisti dopo essere andata in televisione, e ribadisce che non lo perdonerà mai: “Io una persona così non la perdonerei mai perché ha toccato innanzitutto una bambina. E soprattutto mia figlia, sangue mio. Le persone così non vanno perdonate devono marcire dove stanno”. E ancora: “È da rinchiudere innanzitutto. Deve soffrire giorno dopo giorno come ora sta soffrendo mia figlia. Perché se lo ammazzano subito non soffre, non va bene, giorno dopo giorno”.

Ricostruisce cosa è successo quella sera, quando è tornata a casa e ha trovato sua figlia in fin di vita: “Io sono uscito alle sette di casa, alle otto mi ha chiamato (Federico ndr) dicendo che dovevo correre a casa perché c’era da portare la bambina al pronto soccorso. Gli ho chiesto ‘che cosa è successo?’ e mi ha detto ‘la bambina dormiva, la vedevo che si muoveva. L’ho presa in braccio e le ho dato un bicchiere d’acqua, dopo il bicchiere d’acqua ha vomitato, poi ha girato gli occhi ed è svenuta’. Quelle sono state le ultime parole che mi ha detto”.

Poi la corsa in ospedale e la scoperta di quell’orrore: “Sono corsa qua e quando sono arrivato c’era Federico con la bambina in braccio sulla porta, era priva di sensi. Aveva il viso livido, verde. Gli ho chiesto perché avesse un livido verde in faccia, che cosa era successo. Lì mi sono cominciati a venire i dubbi, però non potevo pensare a lui…”. Ma arrivati al pronto soccorso cosa fosse è accaduto è diventato evidente: “La bambina era in fin di vita, non respirava, sono corsa in ospedale. Arrivati là in codice rosso gli ho detto la versione che mi aveva raccontato perché io non c’ero a casa. L’hanno spogliata e abbiamo visto che aveva morsi e lividi su tutto il corpicino”.

Sara spiega che fino a quel momento non sapeva con chi viveva. “Era tutto perfetto con lui – racconta – Non mi ha dato modo di capire che persona era, adesso ho capito che è un assassino, una persona che non è degna di vivere. Forse è un malato mentale, perché una persona normale se sente una bambina piangere non la ammazza di botte”. Ora Sara però penso soprattutto alle sue bambine, al momento affidate ai servizi sociali: “Ora non le posso più vedere le mie bambine, non mi danno neanche le informazioni, non mi dicono niente. Sui giornali hanno anche scritto che io ero una complice, ma non è così: ho combattuto per averle, per mantenerle e combatto tuttora per loro anche se io sono qua da solo e loro non sono con me”.

(fanpage.it)