“Apriva gli occhi con le dita”. Bimbo ucciso a Cardito, la sorellina picchiata a sangue e sfigurata
La bambina era totalmente sfigurata, aveva lividi ovunque. Era stata picchiata così forte da avere tutti e due gli occhi gonfi, per vedere era costretta ad aprirsi le palpebre con le dita. La scena è quella descritta da uno degli agenti che, il 28 gennaio scorso, è intervenuto nell’ospedale Santobono di Napoli, dove era stata portata la sorellina di Giuseppe Dorice, il bimbo ucciso il 27 gennaio 2019 a Cardito, in provincia di Napoli.
Il processo per la morte di Giuseppe Dorice
Il poliziotto ha parlato di “una scena raccapricciante”, spiegando che “la bimba era totalmente sfigurata dalle botte, aveva lividi dappertutto e faceva fatica anche a vedere, aveva gli occhi gonfi e per guardare doveva aprirsi le palpebre con le manine”. L’agente figura tra i testimoni nel processo a carico di Tony Essobti Badre e Valentina Casa, rispettivamente il patrigno e la madre del bambino morto in seguito alle percosse. L’uomo era stato arrestato nella stessa serata, mentre la donna era finita in carcere successivamente, accusata di comportamento omissivo.
Nei giorni scorsi aveva testimoniato un altro poliziotto, che era intervenuto nell’abitazione e aveva raccontato le condizioni in cui aveva trovato il piccolo Giuseppe: “appoggiato sul divano a torso nudo, pieno di lividi, privo di vita”.
“Tony beve e ci picchia, dovete portarlo in prigione”
Il poliziotto ha riferito anche le parole che gli aveva detto la bambina, che ancora non sapeva della morte del fratellino, mentre stava disegnando. “Dovete portare in prigione mio padre, la sera beve e ci picchia, e mamma deve chiamare i carabinieri”. Da quella casa di Cardito, però, avevano rilevato le forze dell’ordine, non erano mai arrivate richieste di aiuto. Durante il ricovero la piccola era stata sottoposta a un intervento chirurgico per suturare le ferite cause dalle botte ricevute.
Tutti sapevano ma nessuno ha mai denunciato
Lo scenario che era emerso con le indagini era quello di un incubo di cui molti erano a conoscenza. Sia i vicini di casa, che in più occasioni avevano sentito le urla provenienti dall’abitazione di Cardito e si erano accorti che i bambini erano terrorizzati del patrigno; sia le maestre a scuola, che avevano notato i segni delle lesioni sui due piccoli, come quando la ragazzina era arrivata a scuola con una lacerazione profonda a un orecchio.
Anche la terza figlia di Valentina Casa, di pochi anni, successivamente ascoltata dagli assistenti sociali, aveva parlato delle violenze indicando come responsabile il compagno della madre.
Fonte: Fanpage.it